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ATTUALITÀ

Pensiero intrigante: come utilizzare i terreni abbandonati

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Navigando fra le pagine di storia riguardanti la nostra Sardegna, l’attenzione cade su eventi che abbiamo dimenticato ma che, in qualche modo,  potrebbero avere  attinenza con la realtà attuale.
Restringendo l’osservazione al campo dell’agricoltura, capita di soffermarsi su termini quali Ademprivio e Cussorgia, che riguardavano i rapporti fra l’uomo e la terra all’epoca immediatamente precedente all’emanazione dell’Editto delle Chiudende.
L’ADEMPRIVIO, indicava il diritto di sfruttamento comunitario delle terre pubbliche da parte dei cittadini; tale diritto poteva essere esercitato unicamente all’interno della propria sede di residenza (Villa, poi Villaggio, poi Comune). Considerato il carattere comunitario del diritto, lo sfruttamento delle terre pubbliche non poteva che essere assimilata a una forma di agricoltura così detta “di rapina”, in altre parole l’utilizzazione diretta di quanto prodotto dalla natura senza alcun intervento da parte dell’uomo. Le terre pubbliche, infatti, erano utilizzate quasi esclusivamente attraverso il pascolo brado, il legnatico, il ghiandatico e quant’altro, prodotti spontaneamente dalla natura.
Tale forma di sfruttamento collettivo delle terre pubbliche fu individuata come causa principale del degrado socio-economico delle popolazioni dell’interno; per questa ragione si ritenne indispensabile giungere a un radicale mutamento del rapporto uomo-terra, incentivando le prime forme di proprietà privata allo scopo di consentire l’intervento diretto dell’uomo sulla terra; ciò nell’intento di giungere a forme di agricoltura più progredita, capaci di elevare le condizioni socio-economiche delle popolazioni rurali.
A onor del vero l’Editto delle Chiudende che, dando a ciascun cittadino la possibilità di recintarsi un pezzo di terra su cui esercitare la propria attività, avrebbe dovuto favorire la costituzione della proprietà privata, si rivelò, in effetti,  uno strumento in favore dei ricchi, dal momento che i piccoli proprietari furono ben presto costretto a cedere i propri terreni ai ricchi, andando così ad incrementare il latifondo.
La Cussorgia, invece, indicava lo sfruttamento di terre, in genere pubbliche ma anche private, da parte di un singolo cittadino anche al di fuori della propria sede di residenza, che poteva essere tramandato da padre in figlio. Ovviamente, nel caso di sfruttamento di terre private (specie Baronali) era dovuto un canone d’affitto in favore del proprietario.
Secondo alcuni studiosi, la Cussorgia sarebbe derivata direttamente dall’Ademprivio. Ciò giacché alcune famiglie di Adempriviri, anziché esercitare il diritto comunitario su tutto il territorio pubblico, privilegiarono in modo specifico alcune aree pubbliche, creando delle piccole aziende che in molti casi portarono alla costituzione di nuovi nuclei abitati.
Saltando a piè pari alcuni secoli e rapportandoci ai giorni nostri, assistiamo a un fenomeno che in qualche modo potrebbe riportarci alle condizioni pre Ademprivio: il progressivo  abbandono dei terreni da parte dei rispettivi proprietari col ritorno alla gestione pubblica. Da più parti si parla già di una sorte di “banca della terra o monte terra pubblico” da destinare a quanti desiderano cimentarsi nella lavorazione della terra, non fosse altro per produrre gli alimenti destinati al proprio nucleo familiare o/e anche per barattare con altri beni di prima necessità utili alla famiglia stessa, senza dover “elemosinare” risorse finanziarie allo Stato.
Oggi purtroppo, nell’era, appunto, della globalizzazione, siamo portati a ragionare esclusivamente in termini di convenienza economica, privilegiando sempre e comunque il <<Dio Denaro>>. Ciò ci ha portato ad abbandonare i terreni poiché la remunerazione del lavoro svolto in agricoltura, rispetto a quello degli altri settori produttivi, è del tutto irrisoria, o presenta addirittura un in saldo negativo. E intanto però, in attesa di tempi migliori, non abbiamo prodotto neanche gli alimenti necessari a soddisfare le esigenze della propria famiglia.

Pensiamo, ad esempio, all’enorme quantità di produzioni foraggere spontanee che, se utilizzate e trasformate in carne solo attraverso il pascolamento, potrebbero sfamare un’infinità di famiglie; così facendo s’impedirebbe, peraltro, la formazione delle pericolose sterpaglie che costituiscono il principale fattore degli incendi in Sardegna. La remunerazione del lavoro prestato non sarebbe soddisfacente?, pazienza!, arriveranno tempi migliori! Intanto, però, avremo prodotto qualcosa da mangiare per noi stessi e per la famiglia! Di questi tempi anche un pochino è sempre più di niente.
Certamente, non tutti dispongono della base terriera necessaria, ma è per questo che si potrebbe ipotizzare il ritorno a forme di gestione pubblica dei terreni abbandonati, assimilabili proprio a quelle dell’Adempriviro. A differenza del passato richiamato, però, non si tornerebbe alla proprietà pubblica, ma unicamente a una gestione pubblica dei terreni abbandonati per un periodo predeterminato.
In sostanza, quindi, si potrebbe ipotizzare una sorta di conferimento delle terre abbandonate all’Istituzione pubblica (Stato-Regione-Comune) per un periodo predeterminato, dove il pubblico, garantendo il mantenimento del diritto di proprietà sui terreni ai proprietari conferenti, potrebbe sgravare gli stessi da ogni e qualsiasi tributo gravante sui terreni conferiti per tutta la durata della concessione; il che, in qualche modo, costituirebbe una sorta di reddito.
Si verrebbe in questo modo a costituire un monte terra pubblico su cui esercitare in modo comunitario e gratuito una sorta di Ademprivio o di Cussorgia da parte di quanti, in attesa di tempi migliori, intendessero provvedere all’approvvigionamento diretto dei beni di prima necessità, senza dover ricorrere alle casse dello Stato. Ciò gioverebbe anche ai proprietari, finora costretti a pagare le tasse gravanti sui terreni anche in assenza di reddito.
Tutto ciò rappresenterebbe, ovviamente, una soluzione di emergenza in attesa della tanto auspicata ripresa economica.
Francesco Diana

RIPRODUZIONE RISERVATA
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