di Francesca Murgia
Primavera. Sbocciano i fiori. I profumi della natura invadono l’aria e la voglia di fare una bella passeggiata in campagna ci trascina fuori di casa… E, mentre siamo impegnati nella ricerca di un mazzetto di asparagi per una pastasciutta, con grande amarezza scopriamo che tra piante ed erbe spontanee si moltiplica anche la spazzatura abbandonata dall’uomo. Frigoriferi, pneumatici, sacchetti con il contenuto in putrefazione si contendono lo spazio con biancospino, borragine ed aglio selvatico. A rendere più assurdo questo triste degrado è il fatto che per raggiungere l’eco entro e conferire gli ingombranti, occorre percorrere un tragitto più breve, anzi, basta fare una telefonata ed il ritiro viene effettuato a domicilio. Qualcuno potrebbe obbiettare che talvolta si verifichino dei disservizi e sia necessario aspettare, ma questo non giustifica l’inciviltà di chi per ripulire la propria casa da ciò che non gli serve più, inquina la ricchezza di tutta la comunità, l’eredità che resterà ai figli di noi tutti. Gli stessi figli che un giorno, per uno scherzo del destino, potrebbero ritrovarsi a mangiare una pastasciutta condita con gli asparagi raccolti accanto alla spazzatura abbandonata dai loro padri.
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