di Roberto Loddi
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La scapece, sca·pè·ce, aschi pece, escha apicii, quest’ultima ricetta è stata attribuita a Marco Gavio Apicio, il ricco gastronomo dedito ai piaceri della gola, vissuto nel periodo di Tiberio, nella Roma del I secolo dopo Cristo e autore di un famoso trattato di cucina il “De re coquinaria” il quale fu il primo a parlarne.
Mentre Pascual Corominas, autore de “Il diccionario crítico etimológico castellano e hispánico”, sostiene che la scapece ha origini arabe, as-sikbāj, una preparazione a base di verdure o ortaggi fritti e pesce azzurro, piatto tipico della Persia, che appare già nel libro “Le mille e una notte”.
Maestro Martino da Como, descrive nel suo trattato, Libro de arte cocquinaria, un cardine della letteratura gastronomica italiana, come conservare i pesci di lago, utilizzando una “salamoja di aqua et aceto”.
Dopo la conquista islamica della Penisola Iberica, gli spagnoli appresero parecchie tecniche di gastronomia, affinandole e allo stesso tempo esportandole in tutto il bacino del Mediterraneo e altre parti del mondo. La escapeche, escapece, escabecio è una di queste ricette contaminate, ma nonostante i diversi nomi e l’abilità di lavorazione tutti riconoscono e condividono l’origine della marinatura capace di conservare a lungo gli alimenti. Infatti la scapece è un condimento molto usato per conservare, nelle sue diverse varianti locali; pesci, carni e verdure in svariate ricette.
Per citarne qualcuna: in Liguria è conosciuta come scabeccio e si prepara con la frittura di paranza (pesci di piccola taglia), posti, una volta infarinati e fritti a insaporirsi per qualche giorno in un soffritto preparato a base di olio extravergine d’oliva, cipolle, salvia, aceto (c’è chi usa anche una parte di vino bianco), aglio, rosmarino e si consuma dopo alcuni giorni di marinatura.
In Piemonte, invece, viene chiamata carpione e il procedimento è abbastanza simile a quello ligure, con tale intingolo si prepara una particolare ricetta detta, carpionata multipla: carne, pesce, verdure e uova fritte.
In Veneto invece la scapece, saor, la preparano con le sarde, utilizzando cipolle bianche, pinoli, uva passa, alloro, zucchero, olio extravergine d’oliva, aceto e in questo condimento ci fanno marinare le sarde fritte: sarde in saor. A Vasto, in Abruzzo, è famoso la scapece a base di razza e palombo fritti, poi messi a marinare con olio extravergine d’oliva, aceto e zafferano. A Cetara, in Campania, si preparano le alici alla scapece di Cetara; si friggono i pesciolini prima infarinati e poi sommersi dalla marinata a base di aceto, olio extravergine d’oliva, alloro, aglio, menta e peperoncino. In Toscana, sono rinomate le acciughe in scapece alla lucchese, i pesci vengono infarinati, fritti e dopo posti a marinare con una miscela di aceto, olio extravergine d’oliva, aglio, menta e peperoncino. In Puglia, rinomata è la scapece, gallipolina, dove il pesce, i pupiddi, pesce freschissimo di piccolissima taglia (tra 2-10 centimetri) che non viene pulito prima di essere cucinato, viene infarinato e fritto, poi distribuito dentro a dei recipienti di legno – calette – a strati alternati con mollica di pane tostata intrisa nell’aceto e zafferano. In Molise si prepara la scapece molisana, scapec, a base di polpi, palombi, calamari e razze, prima infarinati e subito dopo fritti in abbondante olio bollente, quindi messi a marinare assieme a un intingolo di aceto, vino bianco secco, olio extravergine d’oliva, sale, zafferano e serviti come antipasto. A Trapani, in Sicilia, la scapece, maccarone, si prepara con le parti meno pregiate del tonno, detta “buzzonaglia”.
In Sardegna il condimento alla scapece viene chiamata su scabecciu, scabecciai cun axèdu, e si prepara in due versioni, una a base di aceto, aglio, olio extravergine d’oliva e pomodoro, mentre nell’altra non si mette il pomodoro e con entrambe le marinature si insaporiscono piatti a base di pesce, di carne e in particolare i “mugginetti” appena pescati, infarinati con la semola e fritti. Altri piatti amati dai sardi sono, s’obia a scabecciu, le olive in scapece cucinate appena staccate dalla pianta, le anguille in scapece, s’anguidda scabecciada, il gattuccio di mare sa burrida e is peis de angioni, i piedini di agnello.
La tecnica è quella di friggere gli ingredienti, principalmente passati prima nella farina, successivamente nell’uovo sbattuto, poi nel pane pesto e di seguito fritti (i pesci invece è sufficiente solo infarinarli). A parte si fa un soffritto con olio extravergine d’oliva, cipolle, lauro, pomodori secchi, polpa di pomodori freschi, salvia e peperoncino, si insaporisce il tutto con aceto e vino bianco, quest’ultimo viene utilizzato in tante ricette per mitigare il sapore accentuato dell’aceto, considerato il fatto che la tecnica e le erbe possono variare da un paese all’altro.
La marinata nasce dalla necessità di conservare i cibi più a lungo possibile, conservandoli igienicamente e nello stesso tempo conferirgli aromi e profumi invitanti. Nonostante tale preparazione sia in uso in gran parte dei paesi del Mediterraneo e dell’America Latina, questa usanza riconduce alla gastronomia spagnola, che la divulgò anche in Sardegna.
Ingredientis:
per la frittura: kg 1 di mugginetti freschissimi, pix’e pontisi, piscau, pix’e iscatta, g 150 di semola sarda, olio per friggere q.b. per la marinatura: 1 bella cipolla di, Zeppara (zona rigogliosa della Marmilla), 3 pomodori secchi ben dissalati, 3 spicchi di aglio sardo, un mazzetto di salvia, un mazzetto di prezzemolo, una foglia di lauro, g 600 di polpa di pomodori maturi ridotta a poltiglia, olio extravergine d’oliva, ottimo aceto di vino bianco, vino bianco secco,1 cucchiaino di zucchero comune, sale e pepe di mulinello q.b.
Approntadura:
prima di tutto elimina le parti aguzze dei pesci, poi squamali e sventrali, quindi lavali e ponili su un canovaccio da cucina ad asciugare. Fatto, passali nella semola e friggili in abbondante olio bollente e, una volta dorati da ambo le parti, scolali su dei fogli di carta assorbente a perdere l’unto in eccesso. Terminata questa operazione, raduna i pesci dentro a un recipiente di terracotta, frixorium, frisciòlu, caldaròla, e tienili da parte. Intanto prepara un trito con il prezzemolo, i pomodori secchi e il ricavato fallo rosolare dentro a un capace tegame assieme a un generoso giro di olio, di seguito aggiungi la cipolla fatta a fette e dopo cinque minuti, unisci la salvia, l’aglio, il lauro, un bicchiere di aceto, uno di vino, lo zucchero e quando saranno trascorsi altri cinque minuti, versa la polpa dei pomodori e prosegui la cottura fino a far restringere il condimento per venti minuti. Trascorso il tempo, regola il sapore di sale, impreziosiscilo con una macinata di pepe e a piacere con una presa di zafferano San Gavino (se lo gradisci puoi sostituire il pepe con del peperoncino rosso piccante), prosegui ancora la cottura per altri dieci minuti e subito dopo, ancora bollente rovescia sui pesci, su scabecciu, lo scapece, che dovranno risultare ben coperti. Non appena la preparazione si sarà raffreddata, coperchiala e ponila in frigorifero, lasciandola al fresco almeno ventiquattro ore prima di servirla a temperatura ambiente.
Abbinare un vino alle preparazioni a base di aceto è difficoltoso per via dell’eccessiva acidità, ma dato che nel nostro caso su scabecciu è stato smorzato con del vino bianco secco, il vino consigliato è: Arborea sangiovese rosato, dal sapore morbido, fresco, aromatico e asciutto
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