di Don Efis Cai e C. C. C. C. (Comitato Cívico Civile Cittadino)
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Parte III
Ancora alcune altre brevi proposte, cui aggiungeremo nuove idee nella Parte IV, e concluderemo con una breve comunicazione sull’attività intelligente, di rilievo stòrico e di necessità sociale degli amministratori comunali, particolarmente del XIX sècolo.
Certamente è un buon consiglio: che si tolga quanto prima il cartello di parcheggio, e venga sostituito con quello di divieto, nella via Aldo Moro, via importante, come la via Regione Sardegna (non “sarda”), per andare verso la via Roma e, da questa, per discèndere nella via Repúbblica, considerando che la piazzetta sottostante, nata come vero parcheggio, purtroppo con errònei segnali in terra totalmente invertiti e mai corretti, è sempre vuota o con una, due o tre auto in sosta.
Si aggiunga l’importanza dell’intervento dell’autorità comunale per poter ritornare al giusto, alle norme giurídiche, alle règole urbanístiche, alla bellezza delle costruzioni degli edifíci, contro l’intrusione di alcuni villacidresi che han costruito impropriamente, causando danni ai proprietàri viciniori e all’estètica della nostra “Villa”. Han fatto costruire delle parti aggiunte di case, di palazzi aderenti che pènetrano e risàltano, con cornicioni e spàzi diversamente colorati, contrastanti con la facciata d’altri proprietàri, abusivamente e senza autorizzazioni comunali, anche nelle case stòriche, deturpàndole, occupando i muri portanti dell’altrui proprietà, con il peso di oggetti e pseudo ornamenti vàri di cattivo gusto, di tègole, di colori contrastanti con l’armonía dell’insieme, soprattutto nelle vie principali, come la via Roma, il viale Don Bosco, la via Repúbblica, ecc…

Gli amministratori attuali, che manifestàrono amore per la propria cittadina, quando si propòsero per le votazioni comunali, sono ben considerati dai tanti cittadini villacidresi e da tutto il nostro Comitato che aspèttano i giusti tempi per vedere realizzati i tanti interventi degli opportuni rimedi sulle tante trascuratezze, come le autovetture parcheggiate alla rinfusa in tutte le piazze e in tutte le strade in cui, ancor oggi, non c’è ombra di vígili urbani; o come la mancanza di luce elèttrica in diverse strade e, particolarmente, nel centro stòrico, là dove incomincia il Viale Don Bosco, totalmente buio, senza làmpada, da oltre dieci anni. Non trascúrino le pavimentazioni stradali, il làstrico rotto, inclinato, affossato, mosso, dannoso, pericoloso. E non trascúrino il percorso della via Parrocchia, da lunghíssimo tempo occupato da un recinto di aste di ferro, di pali, palchi, scale, tavolati eretti fino alla parte piú alta di un casone cadente da un momento all’altro, recinto che pròvoca spesso guai alle persone e alle auto, occupando tre quarti dell’única vera strada d’uscita dal piú antico centro della “Villa”; e ancora non trascúrino quell’òrrido pisciatoio all’aperto, diurno e notturno, dei sòliti incivili tra il “muraglione” e il chiosco metàllico lí abbandonato, che impedisce di aprire la strada principale che si collega con la via Roma e dovrebbe proseguire con la via che, logicamente intorno al meraviglioso “zampillo” dell’Ottocento (quasi settant’anni fa eliminato da un corpo morto di cemento armato al centro della vasca, con la salutare acqua di vena di una volta, límpida, potàbile, naturale che usciva dalle cannelle leonine), si unirebbe alla via Parrocchia, naturalmente e logicamente. Ah! Certo, quanto sarebbe bello, riportare alla realtà l’antico “zampillo” e, perché no?, l’antico “vespasiano”!, utilíssimo, perfetto, metàllico, bello ed ornato come il “lavatoio”, pulito, munito d’acqua corrente e gradito dai Villacidresi e dai tanti e tanti turisti d’ogni stagione. Fu la novità e la ricchezza della cittadina sarda, única, i primi del Millenovecento, quando, forse, il “vespasiano” non era stato ancora costruito in Piazza Verdi, a Càgliari. Era stato costruito sotto il muraglione nella parte opposta all’attuale chiosco, lí abbandonato per èssere venduto, opposta all’edícola dei giornali senza giornali, ancora lí, fastidiosa e ingombrante. Ma il vespasiano villacidrese, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, venne eliminato e tra gli anni Sessanta e Settanta fu costruito, al suo posto, un cesso di mattoni, una latrina, pòvera Villacidro! una stanza puzzolente, che ben poco tempo rimase in piedi. Meno male!
Ci è sempre presente il pensiero giobertiano di “sensibilità e ragione”. Noi leggiamo il vero che non vediamo, che non tocchiamo, ma sentiamo sempre con l’immaginazione razionale, continuando a vívere, talvolta con vera fatica, pazienza e speranza, che ci porta a crèdere nei programmi dei consiglieri, degli assessori del síndaco ecc… E, nella política limitata, non è diffícile stabilire che il primo ente di una determinata “villa”, come la Villa-cidrese, non è il sindaco che decide come primo cittadino, ma è una determinata idea del síndaco che, per il bene del paese, decida e si diffonda e si realizzi, si concretizzi, con la sua e nostra convinzione tra il bello e il giusto, con la sua e nostra immaginazione, con la sua preparazione, con la sua ratio. Il suo èssere è assieme a tutti quelli che amminístrano con lui, esistenti polítici per il buono, per il giusto, per il bello, legati insieme con il loro pòpolo in attesa del meglio per la propria “Villa”. Tutti sono stati scelti da una maggioranza di cittadini villacidresi che vògliono il bene del paese, cosí come nacque trionfalmente. Non vògliono, non vogliamo che vi síano decisioni lontane, estrànee, non vorremmo dire “straniere”, nel senso che trionfi l’idea che ben sa il síndaco, quella che si moltíplica con tutte le altre buone, sane, belle. La sua idea è l’intelligentia, come dicévano i Romani di Villacidro, la conoscenza del fare giusto per volontà villacidrese perché l’idea del síndaco è un sententiarum nexum, un’associazione di idee, ossía un’obbligazione civile. Non è certamente individuale, ma di tutti. La democrazía è volontà espressa del pòpolo, dal pòpolo. E il primo cittadino, con tutti gli altri scelti, appunto, democraticamente, non ha bisogno di far scègliere ad “altri”, agli “stranieri”, ciò che lui sa bene per il bene della nostra “Villa”, cosí come era amata nell’Ottocento e perfettamente “governata”, come tra le prime “città” dell’ísola nostra. Cosí facendo, anche gli “stranieri” diventeranno Villacidresi. Tutti “da questa parte”, pur restando “dall’altra”, espressione che índica Villacidro. Tutti soddisfatti. Sempre. La quantità dei peregrini sarà pari a quella degli abitanti. E i peregrini del mondo saran villacidresi. I Villacidresi turisti.

Il centro di Villacidro sarà un’intera Piazza intorno alla quale si percorrerà con le auto lungo la strada che si collegherà con una Via Parrocchia finalmente líbera, quand’anche la Piazza Zampillo liberàtasi del pilastro di cemento che sostiene la statua che rappresenta, sostituisce la chiesetta della Mercede, si unirà con la Piazza XX Settembre, da una parte, e con la Piazza Santa Bàrbara, dall’altra, con la via esclusivamente pedonale “Su ponti ‘e su Vicariu” (con l’eccezione dei pochi che vi àbitano con le loro autorimesse) e con la Piazza Lavatoio, a due passi dalla Piazza Dessí e a quattro passi dal Parco púbblico.
Non sarà facile, invece, recuperare la vasca con lo zampillo nella Piazza della Parrocchia “Madonna del rosario”, con una scultura rubata o buttata in qualche luogo (la signora Loi, già Vígile urbana a Villacidro, ma da qualche tempo attiva nella Polizía urbana di un paese vicino a Càgliari, dichiarò davanti alla ex síndaca, dottoressa Marta Cabriolu, che aveva visto l’òpera mancante in un àngolo del magazzino comunale situato nel proseguimento della via Todde, nel vicinato de “S’ischixedda”), totalmente rovinata: la parte di trachite, di ceràmica, la funzione idràulica con i rubinetti e con gli ornamenti scultorii. Quei malviventi sono i piú ignoranti e malvagi, sono disumani, bestie con cervello smorto, nullità, sputi che, per esser uòmini, dovrèbbero pentirsi e, con l’educazione al bene e al bello, all’útile e al giusto, coscientemente diventeranno migliori? Sí! Basta un mínimo di coscienza.
Prima o poi si riporterà alle sue orígini il Lavatoio con due belle sculture di leone e leonessa, due belle sirene e tre màschere, tutte marmòree, con l’acqua da bere sempre pronta al bisogno attraverso i boccalini, eliminando terrazza e gradini (sopportiamo la rima), rinvigorèndone l’antica bellezza e l’utilità d’ogni bene, dall’uso delle vasche con tubi e acqua corrente per le lavature, all’acqua da bere delle cannelle.
Non sarà certo possíbile rimetter su l’altra òpera ottocentesca, in parte sotterrata e in parte distrutta, un sogno, única òpera, il cuore vitale della “Villa”, pulcherrimum cor, bellíssimo, meraviglioso cuore e ànima della nostra città”: la “fontanella”, funtanedda. Un altro capolavoro distrutto. Un’altra parte di Villacidro è stata distrutta. Ma Villacidro potrà esser ancora bella e reale, con tutto ciò che non potrà sempre esser memoria, ricordo, ma “risorgimento”, realtà. Molto dipende e dipenderà dai freschi amministratori.
(continua)
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