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ATTUALITÀ

Quando a Guspini c’era il mito “de su bijau”

Quartiere delle Case Popolari
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di Maurizio Onidi
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Il mito “de su bijau” a Guspini è rimasto nel linguaggio comune fino agli anni 70/80 del secolo scorso. Al nome del rione che in origine identificava una particolare attività che lì si svolgeva o una caratteristica specifica del luogo si associavano anche le gesta dei ragazzi che vi abitavano.

Come riporta il libro “Identità di un paese” di Tarcisio Agus e Gian Paolo Pusceddu,  l’antica suddivisione comprendeva: Su bijau de sa mitza, via Eleonora d’Arborea; Su bijau de figuresia, la prte finale di via Manno e le case prospicenti la chiesetta omonima; Su bijau de Santa Maria, la parte finale di via Manno e le case prospicenti la chiesetta omonima; Su bijau de sa pisciedda, via Manno, piazza don Michele Pinna; Su bijau de is castangias, via Manno, via Pio Piras; Su bijau de sa funtana de su seddaiu, via Giardini, via La pace; Su bijau de bingias de susu, la parte alta di via Mazzini, via Bonomi e via Giardini; Su bijau de su montisceddu, via Salvatore Farina, via del Monte; Su bijau de is crabittus, via Salvatore Farina e parte alta di via Diaz; Su bijau de is pedriscisi, via Azuni; Su bijau de santu pisandulu o pisandru, via Mazzini zona scuole elementari Sanna; Su bijau de is pedras biancas, piazzetta via Castoldi; Su bijau de sa ia de sa mena, parte finale di via Montevecchio; Su bijau de pei trottu, via G.A. Sanna, via Marconi; Su bijau de su laccu de funtana noa, via Carducci, via senatore Spanu; Su bijau de is pisitteddusu o pisittedda, la parte iniziale di via Zeppara; Su bijau de barigau, via Lamarmora; e in tempi più recenti Su bijau de is casa popolarisi o Shangai, via Cagliari, via Sassari, via Nuoro, via Milano. Un discorso a parte merita il quartiere Is boinargius, da sempre considerato un paese nel paese.

Viale Della Libertà

Ma è sul rione delle case popolari che focalizziamo l’attenzione.
Tra gli anni 46/48 sorgono le prime case popolari Ina casa, nella zona di nuova espansione. Il periodo post bellico offre grandi opportunità di ripresa economica e la miniera riprende a pieno ritmo, dove alcune migliaia di guspinesi vengono assunti. In quel periodo l’economia di Guspini si basava principalmente sull’attività mineraria e la produzione dei laterizi degli Scanu Ortu.
Ai primi anni 50 saranno principalmente famiglie di operai della miniera di Montevecchio che andranno ad abitare i nuovi appartamenti messi a disposizione. Nel giro di pochi anni il nuovo quartiere si popola e le campagne che circondano le palazzine sono i campi gioco ideali per decine di ragazzi e ragazze. In quel periodo le famiglie numerose erano la normalità.
Un quartiere, “Bijau Shangai”, nel quale velocemente nascono attività commerciali prevalentemente di generi alimentari gestite da donne tra i quali si ricordano tzia Fida Cocco, tzia Maria Scanu, tzia Desolina Gilardi, tzia Angelina Serpi, Ines e Orsola Atzori.
L’organizzazione logistica del rione case popolari prevedeva tra le altre particolarità il forno del pane in comune. Una comunità che cresce e tenuto conto dell’età media degli abitanti, si crea un ambiente molto socievole dove soprattutto nelle lunghe serate estive si scendeva in strada “a sa friscura”.  Momenti dedicati al gioco da parte dei ragazzi, a “quaddusu fottisi”, “Su sedazzeddu”, “Penconeddu”, “Zacca e poi”, e alle conversazioni da parte degli adulti. Non c’era ancora la televisione ma non per questo mancava lo svago e il divertimento. Ogni bijau che si rispetti aveva la sua macchietta che teneva alto l’umore del vicinato con le sue storie con i doppi sensi. Anche il quartiere Shangai aveva il suo showman, tziu Fiorentino (Fiori) Caddeo con la sua fisarmonica e il suo asino. Fiori Caddeo, figura iconica, di cui ancora si raccontano e tengono banco le goliardie, molte delle quali leggende metropolitane che scatenano risate quando vengono rievocate. La più gettonata è sicuramente quella relativa al giorno della paga. Prima di entrare nel racconto è necessario fare alcune premesse per contestualizzare la situazione. Le botteghe di alimentari e in particolare in quella di tzia Fida Cocco si trovava di tutto, dalla pasta sfusa, alla conserva di pomodoro, dal carburo per le lampade a qualche capo di vestiario e fino alla mescita del vino. Il “bar” era composto da un lavandino per lavare i bicchieri, una damigiana provvisto di rubinetto per versare il vino, qualche gazzosa e come frigorifero la fontana del cortile posteriore. La commerciante vendeva a credito, “a librettu”,  agli abitanti del quartiere. A fine mese, quando i clienti percepivano “sa paga”, andavano a saldare il debito e tzia Fida annotava il pagamento e cominciava a registrare gli acquisti del mese successivo. Tziu Fiori Caddeo aveva una famiglia numerosa e “forse” non era molto oculato nella gestione del denaro. Dopo essere stato licenziato da Montevecchio, acquistò un asino e con il carretto faceva trasporti.  Amava divertirsi e spesso alzava il gomito.  Acquistava “a depitu” in diverse botteghe ragion per cui il fatidico giorno “de sa paga” tziu Fiori seduto al tavolino “de tzia Fida”, a voce alta disponeva i contanti per saldare i debiti ai rispettivi negozianti. Era prassi consolidata che i debiti superassero la disponibilità dei contanti e che regolarmente restassero alcuni creditori senza essere pagati. Ma la cosa più grave era che per Fiori non restava niente: A modo suo era “democratico” e qui la salomonica famosa frase “O a tottusu o a nemusu” quindi vista la situazione non pagava nessuno e “su dinai abarrara a Fiori” e i debiti continuavano ad aumentare. Quando tornano in mente questi ricordi il sorriso lentamente svanisce per lasciare il posto a una velata nostalgia.

RIPRODUZIONE RISERVATA
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