di Gian Paolo Pusceddu
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Stanchi di vedersi rubare il futuro, di lavorare in condizioni di continua incertezza, strozzati da una fiscalità intollerabile, artigiani, commercianti, agricoltori e liberi professionisti hanno deciso di scendere in piazza e far sentire il loro malessere.
Il popolo delle Partite Iva è pronto alla mobilitazione per salvaguardare il proprio futuro e si sta organizzando per chiedere azioni immediate per affrontare una situazione ormai insostenibile. Ma anche per dire basta a un fisco e a una tassazione locale sempre più pesante.
Le cause della protesta di questi giorni sono molteplici, tra queste vi è la situazione di criticità che attanaglia il lavoro autonomo. Le difficoltà che hanno colpito il mondo delle partite Iva emergono in maniera evidentissima da un semplice confronto: tra il 2008 (inizio della crisi) e il 2019 hanno chiuso l’attività ben 415.000 partite Iva.
I più colpiti i lavoratori in proprio, ovvero gli artigiani, i commercianti e gli agricoltori: infatti, nello stesso periodo, sono diminuiti di 345.000 unità.
Per questo chiedono alla politica e alle istituzioni di ridurre vincoli e costi che gravano sul lavoro per poter assumere i giovani, alle banche di ricominciare a investire sull’economia reale e allo Stato di saldare i suoi debiti con le aziende.
È necessario un movimento nuovo che non abbia rendite di posizione e clientele da difendere e abbia il coraggio di tagliare sprechi e burocrazia. Serve una forza liberista, fiera e coraggiosa che sappia rivoluzionare la politica economica e fiscale e il suo primo punto sia la difesa delle libertà economiche e il taglio delle tasse su chi produce e della spesa pubblica non necessaria.
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