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Peste & Corna Rubrica

RISTORANTE ITALIA

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Amodio, Deodato, Timorato, Cristoforo, Demetrio e Pregodio, tutti sant’uomini come dice il loro nome e azionisti della stessa società, discutono da ore sulle proposte da presentare all’incontro aziendale degli investitori e se sfiduciare il consiglio di amministrazione, chiedere investimenti innovativi in altre panoramiche di mercato o spingere l’azienda in altre direzioni. Ognuno ha proprie idee e non trovano alcun accordo. Intanto lo stomaco reclama i suoi diritti e Cristoforo propone una pausa con cena al ristorante. L’accordo stavolta è totale.
Il ristorante gode di buona fama e il personale è preparato e cortese. Vengono salutati con un sorriso amichevole da un giovane che chiede se hanno preferenze sul dove sedere, che li guida verso un tavolo a un angolo del salone e che prima di allontanarsi consegna a ciascuno il menù della giornata.
La scelta degli antipasti è vasta, ma, rilevano, mancano le acciughe salate all’aglio e le cipolle al forno. Non sono menzionate neppure le olive al limolio. Il cameriere, con in mano il blocchetto dove annotare gli ordini, tenta di difendersi dall’assalto di richieste non contemplate nel menù del giorno. Cipolle al forno con salsicce e basilico? Mi spiace, le avremo dopodomani. I clienti infine si rassegnano, pur lamentando il fatto che un ristorante con quel nome dovrebbe essere in grado di soddisfare qualsiasi richiesta.
E il vino? Bianco, rosso, frizzante, secco, con retrogusto amarognolo o vellutato o che altro? D’annata, naturalmente, e si va indietro fino agli anni ottanta con nomi risonanti, mentre per l’acqua non ci sono problemi, naturale e gasata, purché la temperatura sia tra i dodici e i quattordici gradi.
La lista dei primi contempla una decina di piatti, pasta o riso con sughi a base di gamberi, tranci d’aragosta, vongole e così via, o con polpette, carciofi e sedani, zucchine e fagiolini. Ma il basilico, dov’è il basilico? E nessun sugo con pomodori freschi, menta, salvia e uno spruzzo di zafferano? I sei non si accontentano, vogliono qualcosa di diverso e non sono disposti ad accettare che il basilico o la salvia vengano aggiunti in cima al piatto. No, non se ne parla neanche, tutto deve cuocere insieme per prendere più sapore.
E quel vino che, dannazione, nonostante il nome famoso ha un retrogusto di tappo!
Il cameriere ascolta paziente e obietta quando è possibile accennando al fatto che certi elementi entrando in contrasto con altri nuocciono all’armonia del gusto e, assicurando che farà il possibile per accontentarli, torna in cucina, dove scarica i suoi umori sbattendo su un tavolo il suo blocchetto di ordini e invocando un qualche intervento divino, oltre a quello del cuoco e dei suoi collaboratori. Forse è possibile fare qualcosa, lo zafferano, la salvia e la menta ci sono, e pure i pomodori, mentre il basilico fresco è finito, a meno che non si faccia uso di quello surgelato.
Il cameriere torna per assicurare i sei sant’uomini che i cuochi stanno lavorando alle richieste espresse, che saranno soddisfatte nel giro di una decina di minuti, quindi si allontana domando le proprie voglie omicide per servire i piatti ai clienti meno pretenziosi. Dopo un quarto torna con i primi appositamente preparati per quei sei..
I secondi? Crema di gamberi al miele, maialino arrosto con sedani e finocchi, umido di salsicce e fave, calamari all’aceto con piselli, aragosta squartata con insalata verde, triglie alla montanara con pecorino e anguille allo spiedo affogate in bagno di prugne e, infine, saraghi al cartoccio con menta e basilico. Secondi in grado di soddisfare tutti i gusti, ma… ecco, non si parla di capperi, per esempio, che con l’umido di salsicce sono perfetti, o di carote tritate al formaggio. Diamine, un ristorante dal nome prestigioso che non ha nel proprio menù le carote tritate!
Bravi, avete davvero tanta bella roba, ma è possibile avere le anguille al cartoccio o il sarago con la sola menta? O anche le triglie alla marinara con crema di prugne e finocchietto? Il cameriere storce gli occhi, li strabuzza, li chiude sperando che riaprendoli si svegli dall’incubo, che purtroppo è realtà. Fa ancora presente che quello è il menù del giorno e che, per soddisfare i loro desideri particolari, sarà necessario sentire il parere del cuoco, quindi si allontana. In cucina il proprietario del locale ne vede l’espressione di sconforto e vuole capire. Parole che si ammucchiano e il proprietario che si irrigidisce e parte alla volta dei sei commensali.
Signori, annuncia, le vostre richieste esulano dalle nostre possibilità, e perciò propongo a tutti il saldo di antipasto, bevande e primo e di lasciare il locale oppure di continuare la cena con un secondo di maialino allo spiedo o saraghi al cartoccio. Desidero subito la vostra risposta. Tace, ma il suo aspetto è intimidatorio. Ok per il maialino, risponde uno, e gli altri si accodano. Maialino per tutti, poi il caffé e il conto, grazie.
Scene del genere succedano al ristorante una volta su mille, ma in parlamento? Le teste hanno fisse diverse o sono omologate e piovono migliaia e migliaia di emendamenti, uno sport più lungo delle maratone, e le decisioni si bloccano per mesi o per sfinimenti interni. La nebbia, in nome di interessi o di credi particolari, invade gli spazi e allarga lo sconforto di noi sudditi. Ma perché lamentarci? In fondo stiamo bene, i califfati e gli integralisti paranoici sono lontani e le stragi non ci toccano, in pochi sono disposti a riconoscere uno stato palestinese mentre un leader israeliano è sotto il ricatto degli estremismi religiosi, in Turchia o Siria e altrove che il cielo ci salvi, in Libia il petrolio fa miracoli e in Crimea (ma che se ne fanno la Russia o l’Ucraina?) la miccia brucia e le sanzioni danneggiano tutti indistintamente. Per fortuna almeno su Cuba Barack e Raul si parlano. Da noi continuiamo a menarla con l’uscita dall’euro, pensioni tutte sopra i 1.200, redditi di cittadinanza e tasse al 20%. Di cose serie si continua a non parlare e il vaneggiare premia. Il buon senso è volato via da un pezzo, qui da noi e pure altrove, perciò buonanotte al secchio.

A cura di Edmundoburdo

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