Francesco Sedda, 35 anni, scultore, ceramista e laurea in Filosofia della Persona al San Raffaele di Milano, vive e lavora a Sardara. Fa parte progetto del “Rocca di Betlemme” che ha coinvolto numerose persone per realizzare un presepe cittadino.
Che cos’è il progetto “Rocca di Betlemme”?
«Il progetto è un’iniziativa promossa dal Gruppo Presepio di Sardara di cui fanno parte artisti, ingegneri, tecnici ed esperti di storia. L’obiettivo è realizzare un presepio di alta qualità artistica i cui personaggi sono i protagonisti delle parabole».
Quale ruolo ricopre nell’ambito del progetto?
«Il Gruppo presepio è presieduto dal parroco don Stefano Mallocci, c’è un direttivo di cui anche io faccio parte e il mio servizio riguarda il coordinamento generale e la direzione artistica della fabbrica del presepio. Mi sono occupato della scultura del paesaggio e delle statue in legno e terracotta, esattamente le stesse cose di cui mi occupo nella mia attività professionale».
Come realizzi a paesaggi di un presepio?
«La tecnica che prediligo è la scultura del polistirolo perché spesso mi capita di realizzare grandi paesaggi per presepi parrocchiali o per comuni cittadini: preparo un bozzetto in scala suddividendo il paesaggio in moduli, lo discuto con il committente e poi lo scolpisco lavorando blocchi a base quadrata alti circa 1 metro. La scultura è a caldo, con delle speciali mirette in nichel cromo, e la resinatura è al quarzo. Da ogni blocco riesco a ottenere tutto quello che serve: una base dove poggiare il muschio, le case, le rocce, le vasche per l’acqua, i ruscelli e i canali in cui far passare l’impianto elettrico, tutto scolpito nello stesso blocco. Infine, tanti blocchi messi assieme formano un unico paesaggio, comprese le montagne».
Possiamo definirla una tecnica innovativa per realizzare un presepio?
«Sì, se vogliamo. È una tecnica forse un po’ originale perché anziché aggiungere e combinare creativamente tutti gli elementi, come si fa di solito, cerca di immaginare tutto prima. Però i vantaggi sono numerosi, specialmente quando si tratta di presepi importanti che devono durare per molti anni e ospitare effetti molto complessi».
Quali sono, invece, gli aspetti spirituali del vostro presepio?
«Il presepe che realizziamo a Sardara è sostanzialmente un percorso spirituale e artistico insieme. Quest’anno abbiamo realizzato circa 18 incontri, tra conferenze, dialoghi e Lectio, tutte dedicate alle parabole di Gesù e al desiderio umano di bellezza, verità e giustizia. Per gli incontri invitiamo biblisti, studiosi, e professionisti di un certo livello, e dalle riflessioni fatte in questi momenti nascono le idee su come realizzare le statue e le scene del presepe. La Fabbrica del presepio apre due volte alla settimana ed opera tutto l’anno. Ma il dato più importante è che attorno a questo progetto ruotano tante persone, non solo di Sardara, credenti e non credenti.È un sentiero in cui si fanno esperienze attorno alla figura di Gesù di Nazareth, liberamente, per conoscerlo attraverso l’arte».
Il progetto “Rocca di Betlemme” come si può configurare giuridicamente?
«Per ora il progetto non ha configurazione giuridica, siamo un gruppo culturale nato in ambito parrocchiale. Non siamo ancora associazione, ma l’idea sarà di creare direttamente una fondazione, la fondazione “Rocca di Betlemme, un presepe per la città” che continuerà a offrire nei prossimi anni servizi di tipo formativo e artistico».
Com’é il presepio di quest’anno?
«Il presepe è stato inaugurato la notte di Natale e sarà visitabile fino al 15 gennaio nella parrocchia della Beata Vergine Assunta. Quest’anno avremo diverse statue, alcuni animali e diverse piante, tutto di produzione artigianale e di elevata qualità. Anche il paesaggio sarà visibile per intero».
Quando si completerà il presepe?
«Il progetto prevede tre anni di lavoro e il completamento del presepe è legato alle adozioni, un sistema con il quale sosteniamo le spese per i materiali e per i laboratori culturali e artistici. È ormai chiaro a molti che non vi è motivo di avere fretta perché il senso del progetto consiste proprio nell’ascoltare, condividere e fare arte insieme. Avremo per qualche anno ancora un presepe incompleto, ma il villaggio di Betlemme abitato dai protagonisti delle parabole è un’immagine di quel “mondo possibile” annunciato da Gesù che noi stessi, in fondo, non abbiamo ancora realizzato pienamente».
Claudio Castaldi
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