Si animano le stradine acciottolate del centro storico di Sardara, che vede in concomitanza i festeggiamenti per la festa di San Gregorio Magno e la sagra de su trigu, arrivata alla sua dodicesima edizione. Il coinvolgimento è a 360 gradi e vede protagonisti sia i bambini che gli adulti, a partire da sabato mattina, quando le ragazze dell’associazione TerrAccogliente riescono a suscitare un crescente interesse tramite dettagliate spiegazioni sullo storico materiale per fare i mattoni in terra cruda, con cui si costruivano le case nel sud Sardegna: su làrdiri, per poi proseguire con la parte pratica e, quindi, con la loro vera e propria realizzazione.
La domenica inizia all’insegna della tradizione culinaria, tra laboratori di pasta fresca, formaggio e latte: il tutto alla presenza dei rappresentanti dell’accademia de is catalufas, del gruppo Arte Bianca, del comitato di San Gregorio, dei sindaci di Gonnosnò Mauro Steri e di Pompu Moreno Atzei, nonché del sindaco di Sardara Roberto Montisci e del presidente della Pro Loco Giampaolo Pisu, che ha omaggiato i sindaci ospiti di un piatto in ceramica con su rappresentata l’immagine della pavoncella sarda.
«Ci tengo molto a ringraziare tutti coloro che hanno reso possibili questi eventi, che sono un modo per ricordare la nostra cultura alimentare», commenta Montisci, ringraziando poi i suoi colleghi che hanno collaborato alla realizzazione dell’evento ed auspicando a future collaborazioni.

Regina della mattinata è la pasta tipica di Sardara, che inizialmente veniva fatta in campagna dagli uomini: sa catalufa tzacarramanu che, come spiega Agostino Piano, tra i promotori dell’Accademia omonima, si sta riscoprendo solo adesso: «Dall’anno scorso è stata inserita nel PAT (prodotti agroalimentari tradizionali), quindi comincia ad essere conosciuta a livello nazionale». Pasta come alimento identitario dunque, che riesce ad unire paesi e genti grazie al filo indistruttibile della tradizione contadina sarda. Pasta antica che si è potuta poi anche degustare.
Non è mancata la cultura, dalla mostra fotografica curata dal fotografo sardo Manuel Riguer, alla sfilata delle maschere tipiche di Sestu: i mustayonis e s’orku foresu. Hanno fatto da cornice le numerose case campidanesi aperte apposta per l’occasione e che nei loro grandi cortili hanno ospitato artigiani intenti a impagliare uno scannetto o a far vedere la ferratura del cavallo: tutto all’insegna della tradizione perché, come ha insegnato Winston Churchill, senza tradizione l’arte è un gregge di pecore senza pastore.
Manuela Corona
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