di Marcello Atzeni
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Non è molto corretto dire che, ieri sera, per la vera inaugurazione dell’anfiteatro di San Gavino (mille e ottanta posti), dopo i saluti del sindaco Carlo Tomasi, di Silvia Mamusa, assessora alla cultura e Valeria Ciabattoni, direttrice artistica della Cedac, ci sia stato lo spettacolo di Tullio Solenghi, con la sua magnifica lettura dell’Orlando furioso.
La non correttezza sta nel fatto che il bravissimo attore genovese fosse sul palco, ma non da solo.
Il pubblico, circa trecento persone, giunte anche da Cagliari e Oristano, hanno gradito moltissimo il ping-pong tra Solenghi e il professor Corrado Bologna, docente di Filologia romanza alla Normale di Pisa, una delle più prestigiose università italiane.

È stato proprio il professore a spiegare la bellezza e, al tempo stesso, la genialità dell’Ariosto. Una maniera leggerissima di parlare di letteratura. Un docente che in pochi hanno avuto la fortuna di avere.
Il professore spiegava in maniera divulgativa, comprensibile a tutti, poi cedeva lo spartito a Tullio Solenghi.
Non si può non amare la cultura quando viene servita in questa modalità. L’attore genovese rilegge l’Orlando furioso, lo fa in maniera ora divertente, ora riflessiva, a seconda dei canti. Si parla d’amore, di nobili, di armigeri e donzelle restie a farsi coltivare la propria rosa. Solenghi e Bologna, grazie alla sapiente regìa di Sergio Maifredi, che produce lo spettacolo per il “Teatro pubblico ligure”, compiono un escursione sulla luna. Viaggio organizzato dallo scrittore, beninteso. Prima di Leonardo Da Vinci; prima del cannocchiale di Galileo. Molto prima del razzo di Georges Méliès e ancor prima della bicicletta di De Sica rubata da Spielberg per prestarla a E.T.
L’amore, i sogni, i contrasti, i dubbi, le riflessioni non sempre lucide. Solo Orlando era furioso? Cambiamo recinto, i compartimenti stagni ammazzano la fantasia. L’ Ippogrifo, creatura mitologica, nata dall’incrocio tra creature, atte al volo, non tanto pindarico, quanto onirico. Un mostro: come lo era l’Ariosto, oltre mezzo millennio fa. E mostri sono Tullio Solenghi e Corrado Bologna: chi rende semplici e piacevoli le cose difficili, non è umano.
È nato da un pluri amplesso, che ha fecondato menti pronte a partorire esseri viventi per regalarci finestre di fantasie mai vetuste.
E le finestre di ieri non avevano persiane, ma fibre in carbonio.
Adeguarsi ai tempi che si vive significa essere plasmabili. E spalmabili su sedie che attendevano questa serata.
Epica.
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