di Gian Luigi Pittau
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Non arrendersi mai e guardare al futuro anche in questo periodo di pandemia. Così lo che chef sangavinese Emanuele Orrù, 40 anni, con la moglie Lisa, dopo aver girato mezzo mondo, due anni fa è tornato per amore della sua terra in Sardegna, prendendo in gestione ad Arbus il ristorante della struttura “Turismo rurale Cortes”, dove serviva solo prodotti del territorio, ma a maggio ha deciso di gettare la spugna per i costi di gestione e le tante bollette accumulate. Sembrava la fine di un sogno, ma Emanuele Orrù si è rimesso in gioco con il suo ristorante mobile e in estate ha girato le piazze di mezza Sardegna, proponendo una cucina “street food”.
«Siamo stati a Portoscuso – racconta – a un’importante manifestazione passando per altre piazze come Villacidro e Arbus. Abbiamo molta voglia di fare e non ci siamo arresi – rimarca Emanuele Orrù – anche se alcuni mesi fa siamo rimasti senza soldi e siamo rientrati con tutta la mia famiglia (mia figlia ha 14 anni) a San Gavino Monreale a casa dei miei genitori. C’è molta paura degli assembramenti: molti miei colleghi sono stati multati, ma siamo pronti al rispetto delle regole e possiamo lavorare non solo nelle piazze ma anche in collaborazione con altri ristoratori locali».
Emanuele Orrù ha dovuto reinventare la sua cucina: «Negli ultimi due anni ad Arbus avevamo promosso prodotti a chilometri zero come la capra di Arbus, lo zafferano di San Gavino Monreale, il pesce di Marceddì, i vini locali, l’olio di Villacidro, il miele e il pane dei piccoli forni. Ora prepariamo sia i panini con i prodotti della tradizione sarda come i formaggi e i prosciutti ma anche quelli della cucina internazionale».
Emanuele Orrù è rientrato dopo aver trascorso gli ultimi anni a Malta dove gestiva il locale “L’artista”: «Sono partito a 19 anni da San Gavino con trecentomila lire (150 euro) in tasca alla volta di Londra, poi sono stato a Fuerteventura, una delle isole Canarie in Spagna e poi a Malta. Ora non voglio piangermi addosso e, dopo 21 anni trascorsi in giro per tutta Europa, ci stiamo ricostruendo pian piano un lavoro in Sardegna nel settore della ristorazione anche se non è facile, ma non vogliamo più emigrare. Con questa pandemia, in pochi mesi, è andato in fumo il lavoro di due anni: la mia busta paga, quella di mia moglie e del lavapiatti. Dopo lo sconforto, ci siamo rimboccati le maniche, anche se lasciare la struttura di Arbus, che è rimasta aperta, è stato un addio doloroso. Abbiamo ospitato turisti provenienti anche dalla Polinesia».
Emanuele Orrù ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti a livello internazionale come l’inserimento del ristorante gestito a Malta nella top ten della guida del Gambero Rosso o il premio “Cucchiaio d’argento” e ha le idee chiare sull’accoglienza turistica: «Per prima cosa – spiega – viene l’ospitalità unità alla qualità. Il Medio Campidano ha tante potenzialità di sviluppo. Bisogna dare spazio ai nuovi chef della cucina sarda come Nicola Perra e Manuele Senis di San Gavino, Alessandro Schintu di Pabillonis: non voglio i soliti nomi. Al tavolo non si possono portare le bugie perché i cibi parlano. Ormai il lavoro bisogna inventarselo con molta creatività: sono finiti i tempi del posto fisso. Sarà dura ma siamo pronti a combattere».
La Sardegna può vivere di turismo, un settore chiave per l’economia isolana: «Purtroppo i turisti, al di là della pandemia, – conclude lo chef – devono fare i conti con gli alti costi dei trasporti sia per quanto riguarda i traghetti che gli aerei».
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