di Sandro Renato Garau
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Foto di Stefano Manias
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In un clima festoso e molto costruttivo l’8 novembre si è celebrato, a San Gavino, nella Casa Dona Maxima in via Amsicora 21, sede di Sa moba sarda il trentennale dalla nascita dell’associazione. Nata nel giugno del 1994, ha compiuto 30 anni. Non è stato solo un momento di ricordo, ma un ripercorrere sei lustri di storia sangavinese. Confermare che la scommessa iniziale è stata vinta e che un piccolo gruppo di volontari, curiosi, innamorati del loro territorio sono riusciti a costruire una bella realtà.
Il percorso sviluppatosi durante la serata ha raccontato, tramite immagini e storie di vita, quanto fatto in questi anni. Esso ha coinvolto prevalentemente due aspetti della vita quotidiana del paese, quello etnografico centrato sulle tecniche e sull’uso degli oggetti, da quelli agricoli a quelli industriali, e quello archeologico alla riscoperta di una storia passata che vuole dare senso anche al presente e al futuro. Tutti elementi ancora presenti in molte buone pratiche che si tramandano e si portano avanti nella comunità, una per tutte: la coltivazione, raccolta e uso dello zafferano.
La lunga storia raccontata dai protagonisti non ha fatto a meno di fare memoria dei pionieri, a raccontare le difficoltà e la testardaggine dei primi soci nel voler perseguire un obiettivo non sempre chiaro, ma affascinante e che si intuiva fecondo. La dialettica con le amministrazioni comunali, le diffidenze e le soddisfazioni per i risultati raggiunti ne sono il premio.
Così si è scoperto che la cultura agropastorale si è fusa con quella industriale fin dal 1871 per la presenza delle Ferrovie Reali Sarde e che dal 1876 la stazione di San Gavino era collegata alla ferrovia privata delle miniere di Montevecchio. Albori di una industrializzazione che è continuata nei contatti naturali con le stesse miniere e con la realizzazione della Fonderia progettata dall’ingegner Rolandi nel 1930 e inaugurata nel 1932.
Tutti elementi parte di una storia molto più ampia descritta a più voci dall’ Associazione Come.Te e dai vari presidenti e soci de Sa moba sarda che si sono avvicendati nel ricordare.
Ha chiuso la serata l’intervento del presidente Antonio Garau che, visibilmente soddisfatto, ha parlato di futuro e della proficua collaborazione che c’è stata negli anni, con le altre associazioni presenti nella comunità. Infine ha ricordato che Sa moba sarda ha in cantiere, tra gli altri, due progetti che stanno prendendo corpo: uno riguarda la ricerca storica dei sangavinesi caduti di tutte le guerre, soprattutto quelli della Prima Guerra Mondiale, e i caduti sul lavoro troppo spesso dimenticati. L’idea è quella di valorizzazione il Piazzale delle Rimembranze a San Gavino e realizzare un parco che aiuti a ricordare. L’altro prevede la gestione del Museo delle due Fonderie, con l’ampliamento e l’utilizzo dei piazzali per potere esporre reperti di grandi dimensioni.
Il metodo di lavoro, quello sperimentato in questi 30 anni: la costituzione di gruppi di lavoro competenti nei vari ambiti che avranno il compito di raccogliere il patrimonio immateriale delle storie di vita e classificarlo assieme agli utensili del lavoro agricolo e quelli legati all’archeologia industriale e classica. Questo l’orizzonte dell’associazione per la crescita di San Gavino, consapevole di poter un contributo alla conoscenza di uno pezzo di storia sarda del nostro territorio.
Un’ultima nota riguarda la sagra dello Zafferano della quale l’Associazione Sa moba sarda è stata ed è parte attiva sin dalla sua nascita.
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