di Lorenzo Argiolas
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Correva il 2020 e, sempre da queste pagine, mi chiedevo se San Gavino fosse un paese per giovani. Il pretesto era un post pubblicato sui social che aveva dato sfogo a tutta una serie di accuse rivolte ai giovani del paese, rei di compiere dei cosiddetti “giochi della morte”.
Ora sono passati 4 anni, è cambiata anche l’amministrazione comunale, ma il tema della marginalizzazione giovanile sembra essere ancora attuale. Di recente la nuova Giunta Comunale ha dato l’indirizzo per riaprire le iscrizioni alla Consulta Giovanile, ferma dal 2015. La consulta si è così ricostituita alla fine dell’agosto scorso ed è quindi troppo presto per esprimersi in merito. Ciò che mi auspico è che questa iniziativa possa dare un po’ di impulso alla realtà giovanile che, mi spiace dirlo, in questo paese è fortemente emarginata. Perché ho questa sensazione? Beh, lo affermo anche in ragione delle reazioni all’annuncio della ricostituzione della consulta stessa. In tanti hanno subito chiesto che, specularmente, si istituisse una consulta per anziani. Non vorrei essere troppo cattivo, ma ci sembra che gli anziani in questo paese non abbiano abbastanza spazio? A me pare l’esatto opposto. Anzi, dirò di più: credo siano gli unici che vengono presi in considerazione. E ciò si evince anche in base alle manifestazioni e alle attività offerte a San Gavino, sicuramente degne di attenzione, ma poco attrattive per chi ha dai venticinque anni in giù. Che dire poi di un dibattito politico che in questi decenni è rimasto stagnante, spesso privo di innovazione e visioni fresche?
È evidente che la popolazione giovanile sia in minoranza, per svariati fattori, legati senza dubbio allo spopolamento, all’offerta lavorativa e allo studio. Tuttavia qui mi pare si faccia poco anche per attirare giovani coppie che possano integrarsi nel tessuto sociale e costruire un futuro in questa realtà. Ecco, il ruolo delle vecchie generazioni non dovrebbe essere quello di egemonizzare la scena sangavinese, ma di affiancare e consigliare i giovani per renderli veramente protagonisti del domani, senza condannarli o senza volerli manipolare. Sarebbe auspicabile anche una maggiore apertura al dialogo, accettando che le nuove generazioni possano avere punti di vista diversi e che non tutto possa essere visto come idilliaco in una realtà complessa come quella del nostro paese. E, magari, non guasterebbero anche un po’ di educazione e tolleranza verso le differenze di opinione che potrebbero essere utili, se vogliamo costruire un futuro più inclusivo per tutti.
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