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Attualità Personaggi

Sanluri Stato, Vittorio Stancari, primo presidente della cooperativa Strovina

Vittorio Stancari
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INTERVISTA  A CURA DI FULVIO TOCCO
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Vittorio, parla per la prima volta dopo tanti anni di permanenza in Sardegna delle sue esperienze giovanili e delle sue attività lavorative a Milano, Como e a Sanluri Stato. «Il lavoro per me è sempre stato una cosa seria ma nel contempo anche un piacevole passatempo. Ho iniziato presto. Compiuti 18 anni mia madre, con un tono determinato, mi disse vai a Milano e cercati un lavoro.

Una volta messo piede nella città, anche se non ricordo la stato di cose di quei primi giorni …trovai subito lavoro al famosissimo ristorante “Quattro stagioni”, un cinque stelle che in quelli anni andava per la maggiore. Era frequentatissimo di personaggi politici, attori, cantanti e sportivi. E’ lì che appresi per la prima volta l’appellativo di “Ministri senza portafoglio”. Questa denominazione che accompagnava i nomi di alcuni distinti clienti non riuscivo a capirla. Curioso com’ero, chiesi delucidazioni al titolare del ristorante e mi disse che si trattava di un Ministro, con un ruolo anche importante, ma non preposto a nessun dicastero.

In quel ristorante da aiuto cuoco diventai, dopo un anno, capo cuoco. Ho fatto da mangiare a tanti personaggi illustri del mondo della politica, dello sport, della cultura e dello spettacolo.

Ho preparato dei piatti a Fausto Coppi che veniva con la Giulia Occhini, famosa con il soprannome di “Dama Bianca”. Lui e la signora venivano spesso da noi. Tra gli artisti più assidui ricordo la Renata Tebaldi, considerata una delle cantanti liriche più amate di tutti i tempi. Nel ristorante mi trovavo bene, era un luogo che mi consentiva di conoscere molte persone però con poco tempo a disposizione per conoscere la città in profondità.

Dopo un po’ di tempo mi raggiunsero anche i miei genitori e i due fratelli minori. Il secondo fratello Mario era già a Milano con me. In quel ristorante ci rimasi due anni e mezzo; per la passione di stare in cucina, ripeto, fui promosso capo cuoco. E con questo titolo fui assunto, per fare la stagione estiva, dalla dirigenza del Grand Hotel Tremezzo, un cinque stelle, della città di Como. Quando arrivò il momento di prestare il servizio militare son dovuto andare via. In quei tempi la ferma durava 18 mesi. Mi mandarono in Sardegna al centro di addestramento “Monfenera” nella zona militare di Cagliari. Per me fu un’altra nuova scoperta. Ci sono luoghi che ti attraggono per la straordinaria bellezza della natura e soprattutto per l’intensità della luce naturale che illumina le giornate. Capita così, che ti ritrovi in una terra sconosciuta dove subito sei a casa tua. Se poi li trovi l’amore della tua vita …che altro ti devo dire!

Completato il servizio militare, all’insegna della disciplina, il giorno stesso alla messa di mezzanotte, incontrai per caso il figlio del titolare del ristorante “Quattro Stagioni”, eravamo pressoché coetanei, che mi prego espressamente di ritornare da loro. “Mio padre sarebbe felicissimo di riavverti in cucina, stravede per te”. Era vero, il padre mi stimava tantissimo, così son tornato da loro a fare il cuoco. Durante il periodo del servizio militare i miei genitori avevano preso possesso di una importante latteria. La chiamavano “latteria” per modo di dire perché in quel negozio, salvo gli alcolici, si vendeva di tutto. Con loro ci lavorava mio fratello Mario, il “secondo” di casa.

Vittorio Stancari

Raggiunta la maggiore età anche mio fratello partì per il servizio militare obbligatorio. Io ho dovuto prendere il suo posto alla latteria per dare una mano a mio padre e mia madre. Fu in quel periodo che trovai il tempo per conoscere bene Milano. Ero nella seconda città più grande d’Italia e non la conoscevo. Questo mi disturbava parecchio. Però capivo che era la città dove l’economia cresceva velocemente, il lavoro non mancava. Ne lasciavi uno e ne prendevi un altro …se eri capace. Adoravo il Duomo, con la famosa statua della Madonnina, ma anche altri luoghi come il Teatro della Scala, il Castello Sforzesco, i celebri Navigli e tanti altri posti amati dai milanesi e assai conosciuti dai turisti. Comprendere Milano in gioventù è stata un’esperienza indimenticabile. Quando Mario concluse il servizio di leva riprese il lavoro in latteria e subito dopo, perché in casa eravamo molto diretti e si andava per l’essenziale, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: “il primo che trova lavoro va via e l’altro rimane qua”. Io avevo un amico che aveva un’azienda con degli autotreni e andai da lui. Ci rimasi quasi un anno. Otto mesi di sicuro. In quel periodo conobbi mia moglie che era su per lavoro. Dopo che ci frequentavamo normalmente lei, per questioni di famiglia, è dovuta rientrare n Sardegna e io l’ho seguita e da quel momento, sarà stato l’anno 1973, è iniziata al mia avventura in Sardegna. Anzi devo dire che da quel momento son sardo a tutti gli effetti. La terra della luce. Presi servizio nel settore agricolo da un certo Gattafoni, un marchigiano lungimirante, forse anche troppo, fu il primo a introdurre la meccanizzazione della bieticoltura nel nostro territorio. Non era titolare dei terreni ma conduttore in affitto. Una brava persona. Poi, per ragioni rimaste sconosciute, la sua impresa fallì e scappò via. Subito dopo mi presero all’Opera nazionale combattenti. Loro sapevano oramai con quale passione seguivo l’azienda agricola di Gattafoni e col direttore dell’ONC c’era già un bel rapporto personale.

Si stavano utilizzando a Sanluri Stato i terreni della bonifica iniziata già nel 1838, poi abbandonata, che fu ripresa nel 1919 dall’Opera nazionale combattenti.

L’Opera Nazionale Combattenti (ONC) era un ente assistenziale fondato durante la prima guerra mondiale, a opera dell’allora ministro del Tesoro Francesco Saverio Nitti e di Alberto Beneduce. L’ente, costituito all’indomani della sconfitta di Caporetto, con il decreto n. 1970 del 10 dicembre 1917, che istituiva anche l’Opera Nazionale Invalidi di Guerra, percorre il primo conflitto mondiale inizialmente con il motto “terra ai contadini” al termine del quale, forse per stringere il campo dei beneficiari, diventa “terra ai reduci”.

L’ONC si proponeva compiti organizzativi e formativi verso i reduci, e varie iniziative nel campo delle bonifiche agrarie e della assistenza finanziaria nell’opera di reinserimento dei reduci nel mondo del lavoro, riguardava anche l’erogazione di mutui e assicurazioni a condizioni vantaggiose agli ex-combattenti della grande guerra. Io non appartenevo alla categoria a dei reduci ma ero semplicemente un lavoratore dipendente proveniente dalla penisola. Inizialmente mi assegnarono una casetta facendomi pagare un piccolo canone d’affitto. Quando passai da avventizio a salariato fisso la casa mi fu assegnata a titolo gratuito alla pari degli altri dipendenti. Ricordo che, sul comparto zootecnico, c’erano due stalle ed in ognuna di queste ci lavoravano tre dipendenti fissi. Quel lavoro all’aria aperta mi piaceva tanto e dopo la giornata lavorativa riuscivo a dare una mano a mio suocero Attilio Schiavo per altre quattro ore e nelle giornate estive curavo pure l’orto di casa mia.

Ti chiedo scusa, …durante la mia permanenza all’ONC, ci fu un intermezzo che non ti ho raccontato. Mia madre, che nel frattempo, si era ben introdotta nelle conoscenze cittadine mi chiamò e mi disse perché non ritorni a Milano, ti ho trovato un lavoro in una tipografia e anche una casa in cui vivere. Dammi una risposta. Alla seconda volta che me lo chiese, d’accordo con mia moglie che già conosceva l’ambiente milanese, organizziamo il trasloco di tutto. L’appartamento della nuova residenza si trovava al quarto piano del palazzo. Ancora oggi ci chiediamo quali fatiche abbiamo dovuto sostenere per traslocare le nostre cose. Quando ci penso mi metto ancora le mani nei capelli. Eppure ci riuscimmo! Anche in questo nuovo posto di lavoro il titolare mi prese in simpatia. Quando c’era da fare si lavorava e basta non si stava a guardare l’orario. Col titolare ci s’incontrava e si scherzava. Nel laboratorio era uno di noi. Durante questa permanenza nacque il primo figlio Massimo. Un bambino dalla salute cagionevole; non sopportava l’umidità milanese. Sempre sofferente. Lo mandavamo giù dai nonni e lui si trasformava in pochi giorni. Riprendeva l’energia dei ragazzi. Questa situazione si presentò tantissime volte e quando arrivava in Sardegna, come d’incanto, guariva. Poi arrivò il secondo figlio, la casa milanese cominciava a essere stretta, e le questioni di salute del primo figlio m’invogliarono a rientrare a Sanluri Stato. Ricordo, fu nell’anno 1974, con mia moglie decidemmo in un lampo di rientrare in Sardegna. Altro trasloco …una fatica che non riesco ancora a descrivere nei dettagli. Ma eravamo fatti così! Rientrai all’Onc, direttore era un certo Pibiri, ci conoscevamo molto bene e come anticipato prima mi assegnò una casetta in affitto e cosi presi servizio in azienda.

Tieni presente che durante la nostra permanenza a Milano furono assegnati dei poderi a riscatto. Pure mio suocero acquisì il possedimento in quegli anni; riscattò il Podere “Magna boschi”.

Vivere a Sanluri Stato non era facile, inutile negarlo, le strade non erano asfaltare, la distanza dal paese si faceva sentire, …ma lo stato di salute dei ragazzi e la possibilità di lavorare sul posto non aveva prezzo rispetto alle comodità milanesi.

Alcuni anni dopo decisero il superamento della ONC. La situazione lavorativa cominciava a intraprendere la strada della precarietà e del malumore.

Nell’anno 1977 si definì la chiusura dell’Opera nazionale combattenti.

Io con alcuni altri giovani agricoltori fondammo una cooperativa, la “Strovina 78”, nata nel 1978 appunto! L’idea era quella di recuperare alla produzione agricola i terreni incolti dell’antico stabilimento “Vittorio Emanuele”. Io fui eletto presidente. Questa carica però non combaciava con la mia posizione di dipendente. Avevo il direttore Pibiri sempre alle costole. Eravamo finiti più volte anche in tribunale. Un giorno mi disse ma lei si rende conto di ciò che avete fatto? E io risposi, io mica sono il padrone, questi mi hanno eletto e le cose da fare le decidiamo insieme …voi fatte il vostro mestiere e noi come cooperativa faremo il nostro; “Stancari o stai lì o stai là”. Lei non può essere il presidente …così mi ero tirato fuori da presidente e si decise la mia sostituzione con Marco Pau. I soci con un gran lavoro sono riusciti a riportare in attività le terre incolte dell’antico, come dicevo, stabilimento “Vittorio Emanuele”. Ed è ancora lui il Presidente! Le cose belle che vediamo ora, ma anche la stessa sistemazione dei terreni, che non erano buoni come gli vediamo adesso, sono state fatte sotto la sua presidenza. Con Marco abbiamo fatto una bellissima cosa. Ha fatto veramente un buon lavoro. Poi è stato realizzato l’Agriturismo …e successivamente accreditato tra le migliori “Fattorie didattiche” della Sardegna.

Come vedi, io non faccio parte di quei coloni che sono arrivati nel ‘31 o nel ‘33. La mia è un’altra storia che ho avuto il piacere di raccontarti.

Grazie Vittorio, gentilissimo!

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