Incomincia a prendere corpo l’idea del comune per la valorizzazione del sito archeologico di San Lussorio. E’ stata chiusa infatti la pratica inerente l’acquisizione bonaria dei terreni di privati che ricadono nell’area interessata. La famiglia Raccis-Frau e i fratelli Matta (i proprietari) hanno ricevuto in questi giorni il saldo della somma pattuita precedentemente, alcuni anni fa, con il comune. L’intenzione di valorizzare questa importante località dove si riscontrano tracce del passato storico del paese, è stato un obiettivo anche delle amministrazioni precedenti. Il consiglio comunale nel 2003 infatti, deliberò di attuare l’intervento di valorizzazione sulla base di una progettazione preliminare (commissionata all’ingegnere Narciso Piras e da questi eseguita), che prevedeva l’acquisizione delle aree interessate e le dichiarazioni di pubblica utilità.
La giunta, nell’ottobre 2004 deliberò di acquisire al patrimonio comunale una superficie di quasi tre ettari che i rispettivi proprietari, appositamente interpellati, si erano resi disponibili a cederle volontariamente. Alla famiglia Raccis-Frau e fratelli Matta venne liquidato, allora, un acconto dell’80% della somma dovuta. In questi giorni la pratica è stata chiusa in modo definitivo con la liquidazione del restate 6.876 euro a ciascun proprietario. Il Comune punta molto sulla valorizzazione di questa parte del territorio dove si trovano anche una chiesetta medievale (diroccata) dedicata a san Lussorio, e un ponte romano. Attualmente nel piano triennale delle opere pubbliche, per l’annualità del 2019, è stata messa in previsione una somma di 757 mila euro per raggiungere lo scopo di mettere in risalto questo territorio ricco di testimonianze storiche. Il nuraghe Santu Sciori, risalente all’età del medio bronzo (1300 a. C.) presenta una tipologia di costruzione complessa composta da un bastione polilobato, e da alcune torri antemurali di cui se ne intravvedono i ruderi. La parte emergente, dovrebbe essere la torre centrale,quella più alta dell’intero nuraghe, che quindi sarebbe semisommerso e sicuramente appartenente a un complesso molto più ampio, in parte deturpato negli anni ‘60 da una chiesetta (cappella) realizzata proprio sulla struttura.
Di questo nuraghe nella prima metà dell’Ottocento ne parla anche Vittorio Angius il quale afferma che “nuraghe presso la chiesa di S. Lussorio è pure da esser riguardato per la sua grandezza. Esso era circondato d’un’altra costruzione da due nuraghetti di questa si possono ancora vedere in parte]. In uno dei quali, nel principio del corrente secolo, si scoprì un’urna quadrilunga di due e mezzo metri nel lato maggiore, e dentro la medesima delle grandi ossa”. Nell’elenco dei monumenti inviato il 18 marzo 1880 dal sindaco di Pabillonis S. Lixi al “Regio Commissario Vivanet”, si legge che il terreno dove tuttora sussistono i resti antichi apparteneva al “Nobile don Giuseppe Diana Sanna domiciliato in San Gavino”, con il quale però esisteva una “lite colla Com[unal]e per la rivendicazione dello stesso nuraghe”. Il sindaco scrive che l’edificio, nonostante venga da lui stesso definito “diroccato”, sia “molto grandioso, e degno di accurate ricerche”, mentre la vicina chiesa dedicata al Santo era ormai “in istato di rovina” . In tempi più recenti, nel 1998 l’archeologo Giovanni Ugas lo definisce nuraghe complesso con un villaggio datato tra il Bronzo recente e la prima Età del Ferro.
Dario Frau
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