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Cultura

Sardara, “L’inferno” rappresentato in un dipinto

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di Anna Orrù
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All’interno della parrocchia della Beata Vergine Assunta di Sardara da alcuni secoli si può ammirare un dipinto singolare per la inquietante tematica della rappresentazione. Il dipinto dal titolo popolare “Sa catta de su inferru” è un olio su tela, attribuito di recente a Sebastiano Scaleta, pittore cagliaritano la cui attività artistica è documentata dalla prima metà del XVIII secolo.

Il dipinto raffigura 12 anime sofferenti che rappresentano 12 pene infernali scritte in spagnolo, secondo la legge del contrappasso, il principio che regola la pena e colpisce i rei mediante il contrario della loro colpa.

A seguito di un recente restauro ad opera della sovrintendenza, in basso a sinistra del quadro è stata rinvenuta la seguente scritta in spagnolo: “Geronimo Massenti y su muger Barzola Ibba tomaron para aviso de este [espetrado] y trageda  del infierno ano 1742”.

“Geronimo Massenti e sua moglie Barzola Ibba donano alla comunità parrocchiale di Sardara il quadro, come esempio e avvertimento della tragicità dell’inferno anno 1742”.

Dalla ricerca genealogica nei Quinque Libri dell’archivio storico diocesano, risulta che Geronimo Massenti nacque a Sardara 14 dicembre 1694 da Geronimo e Merenzia Floris, si sposa il 15 novembre del 1716 con Barzola Ibba nella chiesa parrocchiale di Sardara, i testimoni di nozze furono Dona Monserrata Diana di Collinas e il nobile Don Nicholas Diana di Masullas. Barzola Ibba nasce a Sardara il 3 aprile 1696 ed è figlia di Felix Ibba e di Francesca Manca.

Nel 1742 fece realizzare il quadro che rappresenta “l’inferno” con l’intento di offrire alla comunità un esempio di tragicità eterna come riporta la scritta in alto “In inferno nulla est redempcio”. Morì a Sardara il 20 gennaio del 1751 all’età di 56 anni, non ebbe figli e il suo testamento venne rogato dal notaio Ignazio Massa di Sardara. Tra le varie disposizioni testamentarie “Legò 150 libras” alla causa pia per la celebrazione della messa in suffragio della sua anima e fu sepolto nella cappella del Santissimo Rosario.

Il dipinto si trova inoltre elencato nella seconda risposta al questionario di Mons. Pilo del 30 ottobre 1762; dopo l’elenco delle statue, sono citati due quadri: “il quadro de la almas del purgatorio y  el quadro de las rapresentation del infierno”.

Il fratello di Geronimo, Matias Massenti, si sposò in seconde nozze con Margherita Cau ed ebbe almeno 10 figli; probabilmente è colui che ha dato origine a tutti i Massenti di Sardara. Sia il padre che il suocero di Geronimo negli anni 1736 – 1737 e 1742 – 1743 sono presenti come amministratori della chiesa di Sant’Antonio.

Dal libro Chronicus della parrocchia di Sardara si apprende che il quadro “dell’infierno” fu restaurato da Francesco Sitzia (pittore sardo) che lo trovò rovinato dal Barberis (pittore residente a Sardara).

Anticamente il dipinto era posizionato nella parete destra della chiesa parrocchiale subito dopo la bussola. Alla fine degli anni 50 è stato spostato dietro l’altare maggiore di fronte all’organo, nascosto allo sguardo dei fedeli.  Il quadro anticamente era conosciuto dalla comunità di Sardara come “Sa catta de su inferru”. Il dipinto è stato esposto per un breve periodo presso il museo diocesano di Ales. Attualmente si trova all’interno della chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta, nella parete sinistra della cappella della Madonna, dove può essere ammirato da tutti.

RIPRODUZIONE RISERVATA
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