di Dario Frau
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Ancora una volta l’artista Antonio Ledda mette in mostra le sue peculiarità artistiche.
In questi giorni è il Museo Deriu di Bosa a ospitare alcune espressioni del suo talento artistico che spazia su molteplici linguaggi comunicativi.
Una consuetudine, ormai, per l’artista di Serramanna che tende a stupire l’osservatore, presentando opere da interpretare e da leggere nel messaggio intrinseco dell’opera esposta. Le composizioni in mostra sono un’interazione della struttura museale della Casa Deriu.
Il Museo è situato nel corso Vittorio Emanuele, nella zona detta “Sa Piatta”, in un palazzo ottocentesco su tre piani, dovuto all’accorpamento di più abitazioni e costituisce, con le sue volte affrescate e i suoi arredi, una bella testimonianza di abitazione borghese del centro storico bosano. Su vari ambienti è possibile ammirare l’allestimento di mostre temporanee sugli usi, costumi e tradizioni bosane e non solo. Di particolare interesse per i visitatori è l’appartamento signorile dell’Ottocento che nell’insieme ha mantenuto le caratteristiche originali del periodo.
All’interno della struttura museale vi è la mostra permanente della produzione artistica di Melkiorre Melis un importante ed eclettico pittore bosano, che comprende quadri, e altri oggetti caratteristici. È in questa miscellanea artistica e culturale che le opere di Ledda sono state inserite.
Tra le varie spiccano per bellezza e personale interpretazione, le raffigurazione dell’elemento naturale che caratterizza e ricorda la nostra isola: le calette e le insenature di un mare terso e cristallino. Una bellezza da mettere in mostra, da ammirare e da tenere sempre in considerazione.
Oggetti capolavori da esibire nel salotto buono, in ambienti aperti e spazi particolari. Piatti, tavolini, quadri da appendere, una visione che con la tecnica e il materiale utilizzato, l’artista riesce a dare vita, con sorprendente trasparenza e tangibilità. Sembra di sentire il lieve sciacquio delle piccole onde che lambiscono la rena della spiaggia deserta e silenziosa. Sembra di percepire la freschezza dell’acqua cristallina che bagna gli scogli di granito che definiscono lo spazio della piccola baia. Se da una parte, questa visione, idilliaca, ma naturale, infonde un senso di pace e armonia, da altre opere esposte, la percezione visiva esprime incertezza e pone tanti interrogativi e costringe la mente a leggere ed interpretare.
È questo l’artista Ledda. La visione soggettiva di quello che ha creato, pone mille interrogativi al comune osservatore. Ma non impossibile decifrarla.
Ecco dunque in esposizione, un popolo in posa: grandi, piccoli, scuri, gialli, chiari, rossi. Un insieme di figure che rappresentano la società umana. Una folla senza particolari differenze che possano discriminare la struttura, la morfè, dunque. Tutti con la stessa forma, tutti uguali, ma con le specifiche differenze. Piccole differenze, non strutturali che non precludono la loro uguaglianza. Piccoli, alti, bassi e colori diversi, tutti però determinati, fieri e sicuri con lo sguardo (le antenne dritte) che tendono verso il cielo alla ricerca di messaggi univoci: di pace? Di giustizia? Di armonia? Una direzione comune e concorde, che non ha bisogno del dna per capire che sono tutti identici ed equivalenti e che rappresentano una sola ed unica umanità. Una ecumene globale, dove la progressiva perdita dei confini delle realtà locali, trasforma tutto. E tutto diventa permeabile e sovrapponibile.
A integrazione delle varie esposizioni e per illustrare, se ce ne fosse bisogno, la produzione immane dell’artista di Serramanna, nella mostra sono presenti, in sintesi. anche le opere letterarie di Ledda, scrittore e poeta, insieme a cataloghi e riviste d’arte, dove l’artista è citato, menzionato e quotato, a palesare la sua valenza artistica, culturale e intellettuale.
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