banner1_lagazzetta
ffserci
striscione_banner
ALP
previous arrow
next arrow
L'ISOLA IN CUCINA

Sitzigorrus cun bagna peri sa saghina de Santu Pedru a Pabillonis

Condividici...

Chef Roberto Loddi de Santu ‘Engiu Murriabi

La rugiada di San Pietro è una antica e curiosa tradizione che si ripete ogni anno la sera del 28 di giugno, anche se lentamente si sta perdendo. Il rito della rugiada dei santi Pietro e Paolo consiste nel porre dell’acqua dentro a un capace recipiente o un fiasco di vetro alla quale si aggiungono delicatamente gli albumi di due uova e poi si espone in giardino o nell’orto per tutta la notte alfine ricevere la benedetta rugiada notturna.  All’alba, se i presagi sono favorevoli, gli albumi si saranno trasformati in una simpatica sagoma che ricorda un veliero con l’albero maestro, i pennoni e le vele.

L’avvenimento coinvolgeva tutte le famiglie del mondo contadino che con l’occasione ricordavano i Santi, nella speranza di ottenere un’annata favorevole e buoni auspici per i raccolti.

Nel giorno della ricorrenza, di primo mattino, i bambini correvano ansiosi nell’orto a curiosare se nell’anfora si era formata la fantastica imbarcazione di San Pietro con i drappi delle vele; se accadeva si poteva prevedere un tempo sereno ed asciutto, al contrario era previsto l’arrivo delle piogge.

Era una tradizione popolare paesana molto sentita e in tante località, la sera del 28 giugno, era abitudine festeggiare con cene a base di piatti tradizionali e ballare fino a notte fonda, in attesa di scoprire se appariva la barca di san Pietro.

Si tratta di una consuetudine diffusa in tutto il Nord Italia: Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli, Toscana oltre alla Sardegna.

Infatti proprio in Sardegna, a Pabillonis (dal latino Papilio ionis, tenda/padiglione, che ricorda gli accampamenti militari romani stanziati in loco), un paesino con poco più di 2700 abitanti, principalmente agricoltori e allevatori di bestiame, rinomato anche per la produzione di terrecotte xiveddas, scivveddas, tianus, pingiadas, marigas, cungiobeddus, conche, tegami, pentole, brocche, recipienti per l’acqua o il vino e la lavorazione di tappeti e arazzi, cesti nelle più svariate forme  cibirus, corbis, scatteddus, cadinus, crivelli, corbule,  cestini, dove tutti gli anni si ripete il rito della rugiada di San Pietro.

Presso l’agriturismo su Surbiu, assorbito, in località Surbiu, esiste una  mitza, sorgente dove sgorga un’acqua potabile e cristallina che è possibile bere in occasione del rito della rugiada.

A Pabillonis le prime tracce umane risalgono al Neolitico, lo testimoniano i frammenti di vetro vulcanico lavorati e l’abbondanza di questi ritrovamenti, fanno pensare alla presenza di piccoli borghi sorti nelle vicinanze di sorgenti d’acqua e fiumi.

L’era nuragica inoltre ha lasciato il suo segno tramite i resti del nuraghe Santu Sciori, Nuraxi Fenu  e Domu’e Campu.

Il primo insediamento era sorto accanto alla chiesetta di San Lussorio, dirimpetto al fiume Mannu, dove attualmente si trova un ponte romano su ponti de sa baronessa, il ponte della baronessa.

Da recenti scavi sono emersi cocci di vasellame, lanterne e monete romane che riconducono a presenze sino a età imperiale.

Nel medioevo, Pabillonis appartenne alla Curatoria dei Bonorzuli, nel 1420 alla perdita di potere del giudicato, venne annesso al marchesato di Oristano.

Nel 1478 passò sotto il dominio aragonese e il paese fu aggregato alla contea di Quirra e successivamente fece parte della baronia di Monreale.

Durante il periodo fascista, nel 1934, il paese venne bonificato dalle paludi e acquitrini che costeggiavano il fiume Mannu.

Tornando all’evento della rugiada di San Pietro, che si svolge nella notte del 28 giugno, festività dei santi Pietro e Paolo, si poneva in giardino o nell’orto un contenitore colmo d’acqua con degli albumi d’uova e lasciato tutta la notte al chiaro di luna affinché si potesse impregnare di rugiada.

La leggenda racconta che san Pietro, apostolo pescatore, soffiasse dentro al contenitore esposto, così facendo il santo avrebbe fatto apparire la sua barca in modo da confermare la sua presenza i devoti.

L’usanza risale al diciottesimo secolo e si fa risalire ai monaci benedettini. La stessa consuetudine, si estese poi in diverse località anche al 24 giugno.

Nel Campidano, per la precisione a San Gavino Monreale (oggi, città dell’oro rosso), la notte di san Giovanni Battista, santu Juanni, festa di origine pagana, era usanza porre dentro a un catino (mia mamma utilizzava quello del lavabo da donna di ferro smalto bianco, che di solito veniva posato su un ripiano di marmo, provvisto di tre gambe di ferro battuto, con specchio orientabile e porta sapone)  diverse erbe e fiori selvatici; ricordo l’iperico, la lavanda, la ruta, il rosmarino, il finocchietto, il mirto, il timo o nepitella, petali di rosa, l’elicriso, la menta e altre ancora, poi ricoperti con acqua fresca e lasciati tutta la notte nell’orto per impregnarsi di rugiada benedetta. L’indomani mattino all’alba, tutta la famiglia doveva lavarsi il viso con quell’acqua benedetta, un rituale che col passare del tempo sta scomparendo.

Gente, manteniamo vive le nostre usanze, mi verrebbe da urlare!

Questa tradizione a lungo andare si fuse poi con quella della notte del 28 giugno, che coincide meteorologicaménte, con una serie di temporali e folate di vento, che nelle credenze popolari venivano attribuiti alla movimentata vita del Santo.

Agli inizi del Novecento, quando il flusso di emigrazione italiano in cerca di fortuna verso l’America e altri stati era notevole, il ricorso e le preghiere a san Pietro, in modo scaramantico, erano frequenti con la speranza di ottenere un destino migliore e una lunga vita serena.

Ingredientis:

kg 2,5 di lumache sarde, sizzigorrus, sitzigorrus, sintzigorrus de Sant’Uanni, già spurgate, una bella cipolla di Zeppara (rigogliosa zona della Marmilla), 3 spicchi di aglio, 4 pomodori secchi ben dissalati, un mazzetto di prezzemolo e uno di finocchietto selvatico, g 800 di polpa di pomodori freschi ridotta a poltiglia, 1 peperoncino rosso piccante, 1 foglia di lauro,  vino bianco secco, olio extravergine di oliva, aceto e sale q.b.

Approntadura:

per prima cosa tuffa le lumache dentro a un capace recipiente contenente acqua, due bicchieri di aceto, una manciata di sale grosso e lasciale in ammollo per una decina di minuti. Passato questo tempo, sfregale fra di loro svariate volte, così facendo eliminerai le impurità e le farai spurgare ancor di più. Terminata questa operazione, risciacqua le lumache parecchie volte in acqua corrente fredda, dopodiché lasciale a bagno sempre in acqua fredda, cambiandola sovente. Trascorsi venti minuti scolale e tuffale dentro a una pignatta colma d’acqua fredda leggermente salata, posta rigorosamente a fiamma dolce e inizia a cuocere le lumache, questo accorgimento permetterà alle lumache di tentare di fuoriuscire dal loro guscio. Solo allora alza la fiamma e prosegui la cottura per poco più di mezz’ora, avendo l’accortezza di schiumare la bava formatasi in superficie con l’aiuto di una schiumarola. Scaduto il tempo occorso, allontana il recipiente dal fuoco, coperchialo e lascia che le chiocciole si raffreddino all’interno (cosi come è abitudine procedere quando fai bollire i vasetti della conserva in un normale bagnomaria). Quando si saranno freddate, così come avviene in tante ricette è consigliato eliminare il colmo del guscio della lumaca, squacciai, con una lama affilata (questo stratagemma permetterà alla salsa di impregnare golosamente l’interno delle lumache), poi lavale ad una, ad una per eliminare le eventuali particelle di guscio rimaste. Fatto, trita finemente la cipolla con i pomodori secchi, il prezzemolo, il finocchietto, il peperoncino e versa il battuto in un capace recipiente di terracotta, tianu mannu, irrora il soffritto con un generoso giro di olio, profumalo immediatamente con l’aglio schiacciato, fai rosolare il tutto e appena passati due minuti bagna il soffritto con una spruzzata di vino. Evaporato, aggiungi la poltiglia di pomodori, il lauro e prosegui la cottura dolcemente per tre quarti d’ora. Trascorso questo tempo, regola il sapore di sale e servi le lumache immediatamente assieme a fette di pane tipo civraxiu, civragiu di Sanluri abbrustolite. Vino consigliato: Monica di Sardegna fermo, dal sapore gradevole, morbido, vellutato e asciutto.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Condividici...

ecco qualche nostra proposta….

IMG-20231027-WA0002
IMG-20231007-WA0003-1024x623
IMG-20231104-WA0035-1024x623
previous arrow
next arrow
 

CLICCA sotto PER LEGGERE

RADIO STUDIO 2000

Su questo sito Web utilizziamo strumenti di prima o di terzi che memorizzano piccoli file (cookie) sul dispositivo. I cookie vengono normalmente utilizzati per consentire al sito di funzionare correttamente (cookie tecnici), per generare report di navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare adeguatamente i nostri servizi / prodotti (cookie di profilazione). Possiamo utilizzare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti a offrirti un’esperienza migliore. Cookie policy