Adeguate politiche ambientali e una toponomastica al femminile possono dare uguale dignità a tutti gli spazi urbani, anche nelle zone industriali e artigianali, che non sono zone di serie B, ma possono diventare ambiti di narrazione storica e sociale
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di Graziella Falaguasta
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Come ricordato nel breve trafiletto pubblicato sul numero scorso, l’articolo su questo tema (uscito nell’edizione cartacea del 1° luglio e nell’edizione online del 4 agosto), aveva avuto il pregio di suscitare un notevole interesse a proposito di come la scelta di una certa toponomastica possa affiancarsi a pieno titolo nella progettazione, realizzazione e valorizzazione di alcuni spazi urbani e/o industriali e artigianali. In quell’occasione lo spunto era stato un convegno tenutosi a maggio 2023 a Domusnovas, dal titolo “Le condizioni di vita delle donne nell’800”, al quale avevano partecipato come relatrici Agnese Onnis e Iride Peis, che ci avevano accompagnato in un approfondimento corale della tematica.
È stato così molto naturale decidere di tornare sull’argomento con questo articolo, che riguarda più in particolare gli aspetti salienti di un diverso approccio nella costruzione identitaria dei luoghi (urbanistica, economica, sociale) e nella valorizzazione delle aree verdi dal punto di vista culturale e ambientale. Questo percorso è fatto con l’accompagnamento di Daniela Ducato, che passo passo ci aiuta nella ricostruzione del lungo lavoro che dura da più di 30 anni.
Ricordiamo ancora una volta che mentre alcuni comuni ancora oggi scarseggiano di presenze toponomastiche femminili, Guspini rappresenta una vera punta di diamante in questo campo: risale infatti al 2019 la delibera dell’amministrazione comunale di Guspini (scaturita da un lavoro con il tessuto imprenditoriale) che disponeva l’adozione di una toponomastica tutta al femminile nella zona industriale che sorge in località Corte Semuccu, aprendo così, non solo metaforicamente, nuovi percorsi. Una realtà, quella di Guspini, che in qualche modo ribalta la media nazionale che vede, nonostante una più recente inversione di tendenza, spazi urbani intitolati a donne attestarsi intorno al 3-5 per cento, contro la media di quelli intitolati agli uomini del 40 per cento. Restituire spazio pubblico alle donne è fondamentale perché significa anche riconoscerne le storie, il ruolo e l’importanza nella società.
GUSPINI, IL COMUNE DOVE SI COLTIVA
LA SOSTENIBILITÀ E LA GENTILEZZA
Il primato di Guspini non riguarda solo la toponomastica declinata al femminile nella zona industriale, bensì l’intera concezione della stessa area. Infatti, nell’intento dell’amministrazione comunale, alla quale Daniela Ducato riconosce il grande pregio di essere stata sempre all’avanguardia, fin dai tempi dell’amministrazione guidata da Tarcisio Agus, quella di Guspini è la prima zona industriale d’Europa, situata in un’area verde comunale, certificata “pesticide free” (libera da pesticide, ndr), dove la natura, negli spazi liberi, produce erbe selvatiche che diventano cibo vegetale biologico e non necessitano di annaffiatura, abbattendo così il consumo di risorse idriche. Questo significa nessun uso di erbicidi o pesticidi nelle aree pubbliche sotto la gestione del Comune, graduale eliminazione dei medesimi nelle aree private ad accesso pubblico e nelle aree agricole, impegno per l’incremento della biodiversità del territorio.
Una zona industriale, dunque, il cui sviluppo è coerente anche con l’Agenda ONU 2030 e con i suoi 17 obiettivi interconnessi per uno sviluppo sostenibili, sviluppo ancora oggi fortemente appoggiato dall’assessorato alle Politiche Ambientali, nella persona di Marcello Serru (che è anche vice-sindaco), e da quello al Commercio, Artigianato e Sviluppo Locale, nella persona di Stefania Atzei. In proposito ci ricorda, con orgoglio, Daniela Ducato: «Non solo io ma tutti noi siamo grati al sindaco Giuseppe Defanti e all’assessora all’industria e alle attività produttive Stefania Atzei per la capacità di trasformare l’ascolto del territorio in azione concreta, in delibere ad alta innovazione che uniscono sana economia e qualità della vita. Con il vice-sindaco Marcello Serru, oltre alla delibera ‘pesticide free’ sono in atto altre realizzazioni per un verde all’insegna della salute. Ovunque io vada porto con orgoglio l’esempio della mia Guspini come pratica virtuosa e come comunità altrettanto evoluta dalle associazioni sportive a quelle del volontariato alla vivibilità del quotidiano».
Nell’area industriale si è sviluppata una notevole sperimentazione che riguarda la tutela delle biodiversità umane, animali e vegetali, la cura di paesaggio, suolo, aria e acqua, di pari passo con la tutela della salute di lavoratrici e lavoratori. Per questo motivo si studiano e si mantengono le erbe selvatiche spontanee, si salvaguarda il cielo notturno, si aprono strade campestri per raggiungere il lavoro a piedi o in bicicletta e si valorizzano il leccio, simbolo delle foreste sarde, ma anche dell’Italia (un ramo si intreccia all’ulivo nella bandiera!) e la quercia, simbolo di forza, resistenza e fonte di sopravvivenza praticamente in tutto il mondo. Nell’area sud-est, quella più verde, si trova il Bosco delle nascite, dove crescono gli alberi piantati dai bambini nati tra il 1990 e il 2000 nell’ambito di un progetto voluto dall’allora assessore Francesco Sanna, e quelli piantati dalle imprese locali, un albero per ogni lavoratore. Un polmone verde che contribuisce a produrre ossigeno assieme agli ulivi che circondando le aziende da cui si ricava ottimo olio biologico.
Altro importante obiettivo in quest’area è quello dell’energia pulita e accessibile e di acqua pulita, perché il benessere di chi lavora è una ricchezza, migliora la produzione e migliora la società e questo tipo di approccio permette di affrontare il tema dello sviluppo economico in maniera propositiva, con una visione evolutiva, dimostrando che profitto, ambiente e salute non sono in conflitto tra loro, ma possono convivere in maniera armonica. Non solo, la zona industriale di Guspini è stata anche la prima in Italia a utilizzare un’illuminazione a risparmio energetico che permette alle stelle di essere viste riducendo in questo modo l’inquinamento luminoso così diffuso e di cui ancora troppo poco si parla, ma anche per permettere a insetti e animali notturni di svolgere il loro ruolo. Non a caso, nella zona industriale di Guspini c’è una via che si chiama via Margherita Hack, in fondo alla quale si trova un osservatorio astronomico da cui guardare le stelle a occhio nudo. Sottolinea ancora Daniela Ducato «La strada che abbiamo intrapreso a Guspini è quella della gentilezza nei confronti dell’ambiente e della salute – anche nel mondo del business – che si basa su una filosofia della gentilezza e dell’equità e che valorizza e supporta le aziende attraverso progetti specifici, come ad esempio quello delle botteghe di transizione». Il programma delle botteghe di transizione, in effetti, segna un approccio diverso nel sostegno all’imprenditoria, giovanile e non: capannoni concessi ad uso gratuito (utenze comprese) per aspiranti imprenditori e imprenditrici che qui possono fare impresa a costo zero per tre anni. Un vero e proprio innovativo incubatoio dove poter usufruire anche di consulenze da parte di tecnici, commercialisti, associazioni di categoria, realizzato grazie ai fondi del primo Piano di insediamenti produttivi (Pip) per poter avviare un’attività della più varia natura (dalla falegnameria, al verde pubblico e privato, all’elettrotecnica e molto altro). Dopo tre anni il posto verrà lasciato a una nuova impresa, in una logica di rotazione che può contribuire a creare lavoro dignitoso, crescita economica, sconfitta della povertà, partnership per obiettivi, limitando così la fuga da questo territorio. E per favorire l’avvicinamento della cittadinanza a una zona che potrebbe essere erroneamente considerata “estranea” al tessuto urbano, è stato creato un Centro Servizi (Palapip), che si trova proprio all’interno e che, con una superficie coperta di 2400 mq viene utilizzato anche per feste ed eventi.
LA TOPONOMASTICA AL FEMMINILE PER DARE
UN’IDENTITÀ NUOVA A UNO SPAZIO GENERALMENTE ANONIMO
L’altra specificità della zona industriale di Guspini, già anticipata nel precedente articolo e nella premessa, è la toponomastica al 100% femminile, con tutti i suoi spazi, strade e laboratori intitolati a 50 donne di tutto il mondo, da occidente a oriente. Nomi molto noti, ma anche meno conosciuti, nomi e intere categorie di donne bistrattate dalla storia, artiste, scienziate, lavoratrici sfruttate, bambine, casalinghe. Cinquanta donne come strada da percorrere verso la gentilezza, indirizzata al rispetto della natura e alla salvaguardia della salute, 50 donne come numero simbolico della metà di una parte, del cinquanta per cento dell’intero, cioè come simbolo di parità e di equità, condizioni ancora troppo spesso precluse al femminile e alle minoranze oppresse. Le buone pratiche attivate a Guspini segnano l’apertura di una via che può diventare la norma: i nomi delle donne sono ispirazioni necessarie per tutti, a prescindere dal genere e per chi fa impresa questo viaggio in altre storie e geografie è un viaggio che fa intravedere nuovi modelli di leadership. Non solo, togliere dall’anonimato una zona industriale può arricchire di un nuovo elemento identitario il made in Italy, in considerazione del fatto che oggi le merci viaggiano in tutto il mondo e portano con se l’eccellenza, la qualità del prodotto, l’indicazione della provenienza, «…togliendo dall’anonimato i luoghi di lavoro e industriali che, nell’immaginario collettivo, sono in genere brutti, sporchi e inquinati», come sottolinea Daniela Ducato. Tra l’altro, la zona industriale di Guspini è la prima al mondo ad avere una gestione associativa che prevede, per statuto, una presenza femminile non inferiore del 50% negli organi direttivi di associazioni e comitati imprenditoriali.
Con le scelte fatte, questi luoghi hanno la stessa dignità dei luoghi dell’abitare sociale, con nomi, cognomi, storie e geografie delle donne ed esempi di un’etica – nell’affrontare il lavoro – che porta valori di “urbanità”, intesa come senso civico, operosità e senso della comunità. Una forma di gentilezza civile e imprenditoriale che contribuisce a creare città e comunità sostenibili e che mi ha personalmente colpita quando mi è capitato di trovare in un’autofficina di quella zona una giovane apprendista meccanica, con tanto di tuta e “mani sporche di grasso”.
La zona industriale di Guspini, con la sua toponomastica interamente dedicata all’“altra metà del cielo” e con la sua gestione all’avanguardia, vuole essere da stimolo anche a un nuovo modo di lavorare e di pensare l’etica del lavoro, in una logica di circolarità, redistribuzione e restituzione. Significativo in questo senso è l’esempio che viene dal lavoro dell’associazione internazionale del Women Economic Forum con sede a Nuova Delhi dove vige l’aiuto reciproco e la sorellanza tra donne innovatrici del mondo con particolare attenzione a quei luoghi del mondo dove è più difficile fare impresa. Tra gli scopi dell’associazione WEF anche quello di restituire valore a storie di donne poco note ma importanti.
Così tra le intitolazioni anche quella all’afroamericana Madam C.J. Walker (1867-1919) parrucchiera imprenditrice attivista diritti afroamericani che inventò prodotti per capelli specifici per la sua clientela e che ha deciso di fare una raccolta fondi, coinvolgendo successivamente altri imprenditori, destinata in particolare agli studi giuridici e medici di giovani – neri – che avrebbero così potuto avere una preparazione adeguata nell’esercizio della tutela dei diritti. Le strade dell’area industriale di Guspini sono dedicate a un mondo femminile a 360 gradi. Si rende omaggio a premi Nobel come Marie Skłodowska Curie e Rita Levi Montalcini, ma anche a grandi scienziate a cui il Nobel è stato negato come Lise Meitner, Chien-Shiung e Rosalind Franklin. E poi a registe, imprenditrici, politiche, artiste, ma anche a Rosalia Montmasson (lavandaia patriota innovatrice della politica italiana) e Pasqua Selis Zeu (casalinga rivoluzionaria sarda). E ancora queste strade non mancano di ricordare le donne e le bambine senza nome vittime di sfruttamento in tutto il mondo, incluse le Miniere di Montevecchio, come ben sappiamo, e la storia straordinaria delle donne cinesi dell’alfabeto segreto Nu-Schu, creato grazie alla possibilità di produrre inchiostro dalle querce, non potendo avere accesso a quello di china.
Il notevole tentativo operato a Guspini è quello di ricucire i molti strappi che lacerano la storia e la terra, utilizzando storie, geografie e saperi troppo spesso dimenticati. Tipicamente, nella toponomastica italiana i nomi femminili sono di sante, martiri, principesse, regine e nobildonne, scrittrici, artiste e donne della politica; eccezion fatta per Maria Montessori e Marie Curie, sono assenti le scienziate, così come sono assenti le donne d’impresa e delle professioni. Le imprenditrici a cui sono intitolati vie e spazi urbani di Guspini, per fare innovazione hanno posato lo sguardo dove alle donne non era concesso e hanno accelerato il processo di transizione verso un mondo più ricco e più equo. Diffondere e celebrare i loro nomi e cognomi significa contribuire a portare avanti questa transizione gentile.
IL PRESENTE E IL FUTURO: COMBATTERE APATIA
ED ESTRANEITÀ E FAVORIRE L’IMPEGNO CIVILE
L’influenza di un lavoro congiunto di questo genere, che rientra a pieno titolo nei concetti di cittadinanza attiva, richiede, ovviamente, impegno costante da parte di tutti, investimenti costanti e spirito partecipativo e collaborativo tra cittadini, associazioni, imprenditori e amministrazioni locali. Le più recenti intitolazioni delle aree verdi di Guspini, i Giardini pubblici di via Marconi a Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti (più conosciuta come Joyce Lussu, ndr) e la piazza nel quartiere di Is Boinargius a Nadia Gallico Spano, hanno visto una stretta collaborazione tra l’Assessorato alle Pari Opportunità, nella persona di Francesca Tuveri e la Commissione Pari Opportunità del Comune di Guspini, nella persona della sua Presidente Carmen Marongiu.
Come aveva ricordato l’assessora Tuveri nel corso della cerimonia il valore dell’adozione di questo tipo di toponomastica identitaria al femminile per la comunità è quello di dare spazio – anche fisico – a due illustri personalità femminili particolarmente legate alla Sardegna, simboli di impegno politico-civile e di grande spessore culturale, che avevano entrambe investito sulle donne e sui più giovani, per costruire un orizzonte comune per un’umanità più giusta, nell’ipotesi di un futuro di pace e di uguaglianza sostanziale. «L’augurio, con quella buona dose di utopia che riempie di senso il nostro impegno quotidiano”, aveva testualmente detto Tuveri, “è di poter rigenerare la loro lezione anche oggi, così da moltiplicare le risorse a nostra disposizione e rigettare con forza quel vocabolario al rovescio dilagante, non sottovalutare la potenza dell’odio e fare di testimonianze come la loro un faro e una guida. E’ importante, è come ‘vaccinarsi’ da un virus epidemico per prevenire il pericolo di comunità disgregate dall’apatia provocata dalla non conoscenza, dalla non partecipazione, dalla non empatia, dall’estraneità agli eventi».
Come avevo avuto modo di scrivere in chiusura del precedente articolo, nell’ambito della partecipazione attiva ognuno di noi, ogni singolo cittadino o gruppo anche informale, può diventare protagonista di questi cambiamenti, portando proposte all’amministrazione comunale e alle istituzioni e utilizzando questo percorso come “piattaforma” di ricerca e di lavoro intergenerazionale, con un ampio coinvolgimento delle scuole e di varie associazioni presenti sul territorio.
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