
di Giovanni Angelo Pinna
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Da anni la tecnologia ha cambiato le modalità di interazione e inclusione sociale nel campo della disabilità e patologie invalidanti.
Spesso, però, accade che le nuove tecnologie vengano usate per risolvere problemi inesistenti o che una nuova idea, pur di “fare cassa”, venga promossa come l’unica reale soluzione a un problema ormai già superato.
L’esempio più diretto, può essere quello dei bastoni bianchi e rossi per non vedenti: capita non di rado di trovare soluzioni che, seppure innovative sotto l’aspetto tecnologico, tentano di rimuovere l’uso del bastone quando invece, quest’ultimo, risulta alla fine essere la soluzione più idonea rispetto a ciò che l’ambiente circostante offre.
Una tecnologia, per essere considerata una soluzione, deve poter risolvere un problema in qualsiasi situazione e non in un ben definito gruppo di esse e, magari, ben riportate nel manuale d’uso.
Si pensi ad esempio alle App per non vedenti che riconoscono un testo e lo trasformano in audio. App utile, sicuramente, e meritevole di attenzioni sotto l’aspetto ingegneristico ma limitante quando il suo funzionamento richiede che alcuni documenti siano stampati con un determinato carattere, con una determinata dimensione o, peggio, non possano essere utilizzate anche quando i testi vengono mostrati in un display (a esempio in un museo in corrispondenza di una opera esposta) o, ancora, non ben ottimizzate per essere facilmente utilizzate da chi non vedente.
C’è poi un altro aspetto, già anticipato, che ancora oggi viene trascurato: l’abbattimento delle barriere architettoniche. Problematica che, anche questa, rallenta l’utilizzo di nuove tecnologie già ampiamente utilizzate fuori dal nostro Paese.
Anni fa, durante un viaggio in Cina in occasione di una fiera sulle tecnologie legate alla disabilità e nel visitare uno dei vari centri, scoprii l’esistenza di arredi scolastici ben studiati anche per persone portatrici di una qualche disabilità: i banchi multimediali controllabili non solo con il classico mouse o touch ma già dotati di qualsiasi tipologia di accessorio che permettesse allo studente, a prescindere dalle sue capacità, di studiare e andare di pari passo con i propri compagni. Così anche i banchi multimediali sensoriali che sfruttano la tecnologia olografica.
Un altro esempio che mi lasciò letteralmente stupito riguardava l’utilizzo di esoscheletri: strutture più o meno tecnologicamente avanzate che permettono a persone che si sono ritrovate private delle loro capacità motorie di riprendere a muoversi in totale autonomia. Ne esistevano di svariate tipologie: dagli esoscheletri formati da una serie di tubolari di una qualche lega e materiale (dal carbonio al ferro più grezzo e pesante) a quelli più avanzati che implementavano veri e propri computer e sistemi di calcolo dei movimenti. La cosa che mi stupii fu quella che, tutti questi esoscheletri, venivano letteralmente provati dalle persone in visita alla fiera con, al più, 5 minuti di supporto esterno per indossarle ed altri 5 per una necessaria formazione all’uso.
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