di Sandro Renato Garau
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Da quasi due anni conviviamo e moriamo con una pandemia della quale non riusciamo a liberarci. Questa ha coinvolto tutti gli strati della popolazione, le categorie sociali e quelle produttive alimentando polemiche, mettendo, in qualche caso tutti contro tutti.
Il fenomeno è mondiale e non è pensabile che si guarisca da soli. Due governi, decine di ministri, tanti soldi sono stati spesi per cercare di mantenere un tenore di vita che quasi sicuramente non potrà essere più lo stesso.
La comunità scientifica ci spiega ogni giorno l’evoluzione della pandemia e lui, in modo beffardo e naturale fa le cose per le quali esiste: si nasconde, muta, si moltiplica e, adesso, a quanto dicono i virologi, ha deciso di attaccare i bronchi e non i polmoni. Bontà sua! Si muore un po’ meno. Ma si muore.
Il resto lo avrebbe dovuto fare la politica, con equilibrio e imparzialità.
Due governi, decine di ministri e sottosegretari, che faticano proponendo soluzioni parziali non risolutive e che, in qualche caso, sono state ritirate o ampliate perché non tenevano conto di variabili legate ad alcuni strati del tessuto sociale e lavorativo
Decine di provvedimenti, e alla luce di quanto si va scoprendo, in qualche caso, un mare di soldi sprecati o che hanno arricchito alcuni, deputati a dare un servizio alla comunità, che ne hanno approfittato. Invece di unire, le difficoltà pare ci abbiano divisi.
Divisi di fronte a decine di migliaia di morti e alla fatica di chi sta dando tutto per far star bene gli altri, divisi sulla povertà. Siamo sempre stati un popolo di partigiani, nel senso che teniamo alla nostra parte. Ancora qualche riflessione. Si è cercato, con decreti e circolari di risolvere il problema del trasporto locale e quello a lunga percorrenza.
Lo scopo delle nuove norme, avrebbero dovuto rallentato i contagi. Ma alla luce dei fatti questi non bastano a limitare l’affluenza sui mezzi e il rispetto delle distanze previsto tra persone. Ed ecco che si invocano i controlli, ma chi li deve eseguire? Manca il personale. Nonostante gli intenti dei due governi non ci sono state quelle assunzioni necessarie a mitigare la situazione.
A questo proposito, ricordo un’esperienza fatta con un gruppo di alunne dell’IPSS di Guspini dove insegnavo. Per molti anni, anche prima che rendessero obbligatoria l’Alternanza Scuola Lavoro, quando si chiamava Tirocinio Formativo, l’istituto organizzava delle esperienze formative nelle regioni italiane e anche all’estero. Esperienza quanto mai utile a conoscere buone nuove prassi e confrontarsi.
Nel 2013 siamo stati a Perugia, ospiti dell’Assessorato ai Servizi Sociali. Un assistente sociale ci ha fatto da angelo custode. Ci muovevamo, manco a dirlo, con gli autobus di città. La sorpresa è stata, però, che non era possibile entrare in autobus senza biglietto e si entrava solo dalla porta posteriore. L’ingresso era regolato da un tornello. Possiamo dire che non è una novità, in metropolitana, in aeroporto, in altri mezzi e strutture ci sono i tornelli. Allora perché non dotare gli autobus di linea e urbani, l’ingresso ai treni di questi strumenti che, in questo periodo di distanziamento avrebbero anche la funzione di controllare il numero dei passeggeri? Andando oltre con la fantasia si potrebbe aggiungere un totem con un lettore green pass automatico su ogni mezzo. Spesa, che da una piccola indagine di mercato, non è eccessiva.
A due anni dai proclami e dalle dichiarate emergenze, è possibile considerare che la sanità ha ancora bisogno di “cure”. Sono fulgidi esempi di disagio la chiusura delle guardie mediche, soprattutto nei giorni festivi e la mancanza dei medici di famiglia in alcuni paesi. Se poi a queste si aggiunge la chiusura sempre più frequente dei presidi ospedalieri, ritenuti inutili, che rispondevano alle esigenze dei territori, il quadro sta delineandosi.
Un’osservazione anche sulla querelle che sta coinvolgendo la scuola e le attività produttive. Guardando distrattamente, la parola che le accomuna è chiusura. Se riflettiamo sono chiusure qualitativamente diverse. Per il personale della scuola, a differenza delle attività produttive, perdite economiche non ne esistono.
Le difficoltà sono organizzative e tecniche. Nonostante gli annunci sui finanziamenti, a due anni dalla comparsa dell’esserino pare si sia fatto veramente poco. Empiricamente il valore dell’istruzione e dell’educazione non è quantificabile economicamente. Speriamo non sia per questo che si tende a sottovalutarne la funzione. Inoltre nella scuola si ha a che fare con persone e non con merce, l’elemento imprescindibile della scuola che educa sono gli alunni. Sono beni immateriali preziosi e indispensabili per non tornare all’ homo homini lupus. Per questo, anche in questo periodo di pandemia bambini, ragazzi, studenti devono essere messi in condizione di potersi nutrire di cultura, di nuove nozioni, di pensieri condivisi, di socialità. Questo può avvenire solo se si va fisicamente a scuola. Ancora una osservazione sul rispetto delle regole. Queste ci sono, ciascuno è responsabile di sé e degli altri. Se non le rispettiamo non ce la possiamo fare!
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