di Vitale Scanu
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Barumini è sempre Barumini: una preistoria da “patrimonio dell’umanità”, col suo Su Nuraxi, una presenza romana con 37 siti inventariati sul territorio, una storia medioevale di notevole importanza con i suoi baroni Çapata (che tanti segni cospicui hanno lasciato del loro nome in Barumini, a cominciare dalla nobilissima chiesa parrocchiale con le sue mitiche campane), una cert’aria di distinzione e di nobiltà (tanto da essere chiamata Casteddeddu), una vivacità di vita moderna con la sapiente rivalutazione e monetizzazione del suo prestigioso passato, il tutto con ben concrete e pregevoli pezze documentali.
È un percorso senza soluzione di continuità da 3.500 anni, che fa di Barumini un centro giustamente orgoglioso della sua storia plurimillenaria.

“Civiltà nuragica”… tanti la qualificano come civiltà morta, ma per Barumini è tutt’altro che morta; essa è ancora oggi ben viva e vitale (per merito anche dei suoi intelligenti amministratori, e in primo luogo del suo grande scopritore, l’indimenticabile professor Giovanni Lilliu) tanto da suscitare, come un elemento radioattivo da millenni, benessere sociale e turismo.
Il nuraghe, col suo indotto, produce 55 dipendenti a tempo indeterminato, 150.000 visitatori l’anno, un fatturato di 2 milioni di euro (1,5 destinati agli stipendi dei dipendenti).
Per un paesino di 1200 abitanti non è poco!
Senza contare gli eventi e le manifestazioni di larga risonanza che prendono l’abbrivo dal suo mitico nuraghe.
E così si cita addirittura un “modello Barumini”, per indicare un processo esemplare di rivalutazione del proprio passato storico, ai fini di un miglioramento economico e sociale della comunità.
Altro che civiltà morta! Ancora oggi essa è l’unica a produrre turismo e benessere: ha fatto più bene a Barumini un nuraghe “morto” che cento politici vivi.
Così si fa. E speriamo che i nostri politici imparino, una buona volta, se davvero tengono al bene comune.
Io sono del parere che se tanti e tanti nostri paesi (a cominciare dal mio, Bannari, dove si sta scoprendo, con una costanza esemplare negli scavi, un importante villaggio nuragico del tempo dell’ossidiana del monte Arci), tanti paesi, dico, che hanno nel loro patrimonio civico un monumento nuragico da valorizzare, potrebbero, nel proprio piccolo, attuare un “modello Barumini”, e affrancarsi, concreta-mente, da precarie condizioni sociali.
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