di Antonio Corona
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Le recenti disposizioni e restrizioni governative a seguito della pandemia di coronavirus in atto, che sta mietendo purtroppo tante vittime, ha messo in risalto aspetti sui quali non ci siamo mai soffermati a riflettere seriamente. C’è nell’intimo di ciascuno certo preoccupazione per l’economia, il lavoro e più in generale per il futuro delle famiglie e della nazione. All’esterno però traspaiono aspetti della vita quotidiana meno conosciuti e sperimentati. Niente rumori, molto limitata la circolazione, né tanto meno il chiasso gioioso delle feste e della musica in piazza, la concitazione di una partita di calcio con tifoserie spesso anche troppo contrapposte. Ma neppure convegni, raduni, manifestazioni culturali, assemblee, processioni e cerimonie religiose con la presenza dei fedeli, feste e pranzi di matrimonio e altre ricorrenze. Solo o familiari più stretti possono accompagnare all’ultima dimora i propri cari. Un altro mondo sotto tutti i punti di vista
Mai avrebbero creduto i giovani e neppure le persone più anziane che hanno vissuto le restrizioni della guerra e le difficoltà del periodo post bellico, che si potesse vivere un’esperienza come questa che ti tiene segregato in casa sempre con la paura in corpo. Intorno è un’atmosfera quasi irreale alla quale non eravamo abituati.
In questa atmosfera più pacata, più silenziosa, a ben ascoltare si coglie la grande musicalità della natura rappresentata dallo stormire delle fronde, dal canto degli uccelli, dal pigolio dei nidiacei che reclamano il loro cibo e dalle voci degli animali che affermano la loro presenza. Forse c’erano anche prima della pandemia ma il concitato vivere sempre più incalzante non consentiva di cogliere appieno questi particolari. Chi ha un giardino in casa, un frutteto o un orto può sentire il tubare delle tortore, i passerotti che si affannano a mettere su casa, gli storni, le cinciallegre, i pettirossi, i cardellini, i verdoni e talvolta anche le taccole appollaiate sugli alberi o sull’antenna televisiva. Gli animali si stanno riappropriando degli spazi lasciati liberi provvisoriamente dalla ingombrante presenza umana. Così come è nella natura delle cose. L’uomo ha sottratto spazi e gli animali li rioccupano e quel che è più significativo li riprendono in maniera pacifica ed intelligente.
Abbiamo abbastanza tempo per osservare alla televisione in questo periodo questa pacifica e allegra invasione di animali in tutte le parti del mondo: tartarughe che a frotte depongono le uova in spiagge mai utilizzate prima, ora deserte, cervi che in branchi passeggiano nei centri abitati, famiglie di papere che girovagano nelle città, scimmie che occupano in certe parti del mondo strade e piazze, volpi e cinghiali che invadono e grufolano sempre più vitali ed intraprendenti nei parchi cittadini anche in Sardegna. E’ la rivincita della natura.
L’uomo che ha dominato sfruttando l’ambiente e gli animali è diventato più fragile, più impaurito ma speriamo meno insensibile ai valori di tutela del patrimonio ambientale. E’ bastato un microscopico virus che ha fatto da livella, come richiamava Totò in una sua poesia, per tutto il genere umano non guardando in faccia nessuno. Un minuscolo essere che ha creato scompiglio in tutto il mondo. A pandemia finita, ma non sarà in tempi brevi, l’uomo non dovrebbe avere la memoria corta e ricominciare come prima. Sarà costretto ad affrontare la vita in maniera meno egoistica, con un maggior rispetto verso la natura e maggior solidarietà nei confronti del prossimo perché in fondo siamo tutti sulla stessa barca.
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