I nomi degli animali aggiogati più utilizzati nel Campidano sono “Faidibbiri” e “Acchinisesi”
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di Fulvio Tocco
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Villamar. Sono figlio di agricoltori, per cui il contato con gli animali l’ho vissuto sin da ragazzo. Fino agli anni 50 avevamo anche un paio di buoi: questi mansueti e possenti animali erano indispensabili in quel periodo dove non si usavano trattori e tutti i terreni erano lavorati con mezzi a trazione animale. Con la comparsa dei trattori divennero non più indispensabili per il lavoro. A 18 anni, dopo aver cessato gli studi, mi sono dedicato all’approfondimento della razza dei buoi che di norma si usavano nelle processioni per trainare il cocchio. Vederli sfilare tranquilli, lucidi e ordinati mi affascinavano. Quando ho potuto, nell’anno 1985 comprai un giogo di giovani torelli di razza sardo modicana da Francesco Spanu di Mogoro. Avevano poco più di 2 anni e mezza ed erano ancora “interi”; ad occhio e croce potevano raggiungere il peso di 5/6 q.li ciascuno. Quella copia, una volta castrata, la domai io stesso con l’aiuto dei miei amici. I buoi rappresentavano nei lavori dei campi una forza importante per attenuare i faticosi lavori dei contadini. Per svolgere questa funzione ovviamente andavano domati. La doma tornava utile non solo per le attività di campagna ma anche per usufruire delle loro prestazioni nei giorni di festa e durante le processioni.
La doma
Le due bestie venivano poste l’una accanto all’altra e si caricava sul loro collo il giogo di legno al quale venivano legate. La fune in caso di necessità poteva essere facilmente tagliata. A tale scopo i contadini avevano l’abitudine di portare una arresoja con la lama ben affilata. Questa prima operazione durava pochi minuti. Infatti al giovane animale si irritava la pelle e cominciava, come si diceva, a di ptziai su tzugu . L’operazione si ripeteva quasi tutti i giorni per tempi sempre più lunghi, sul collo della giovenca pian piano si formava il callo ed il giogo le dava sempre meno fastidio. Dopo poco tempo la nuova coppia veniva attaccata anche al carro, così per la copia iniziava la carriera lavorativa e poteva considerarsi domata. Ognuna delle bestie veniva aggiogata sempre dallo stesso lato.
Perché viene chiamato bue
Il bovino maschio castrato, che appunto viene chiamato bue, conservava tutta la sua forza, anche se l’aspetto fisico subiva delle modificazioni a partire dalla colorazione del mantello. Ad esempio l’enorme collo del toro nel bue era notevolmente ridimensionato.
La tradizione sarda
Secondo la tradizione isolana al momento dell’aggiogamento bisognava assegnare a loro un nome. A loro fu dato: “Teniddu Beni e Cun Puntigliu”. Con gli animali ci devi parlare per cui non possono rimanere anonimi. Tuttora ad ogni componente della copia viene assegnato un posto nelle copia e un nome, possibilmente, estroverso ma di grande significato. Per esempio i nomi più usati nel Campidano sono “Faidibbiri” e “Acchinisesi”. Ma la fantasia delle persone è immensa per cui anche le denominazioni attribuite sono le più differenti possibili.
La morfologia di razza
Per chi vuol conoscere l’evoluzione morfologia di questi animali partiamo dai mantelli per arrivare sino alla coda. Il mantello dei tori modicani è olivastro o rosso vinoso, con sfumature nere sulla testa, al collo, alle spalle, agli avambracci ed alla faccia esterna delle cosce. La testa dei maschi è piramidale, piuttosto piccola rispetto al corpo, ed a profilo rettilineo o lievemente montonino; fronte larga; musello largo; corna dirette in fuori ed in alto. Il collo è largo e muscoloso con gibbosità negli adulti. Nel tronco, il torace è profondo e largo, con petto largo e costole ben arcuate; il garrese è largo pieno e poco levato; le spalle sono aderenti al tronco; il dorso è largo, lungo, diritto; i lombi sono larghi e non eccessivamente lunghi; il ventre è capiente, arrotondato e non cadente; la groppa lunga e larga, poco spiovente; la natica mediamente discesa; la coscia muscolosa, lunga e poco appiattita. La coda lunga fin sotto i garretti. Gli arti sono robusti, non eccessivamente lunghi, specialmente i posteriori; stinchi corti e robusti; unghioni ben diretti e compatti, duri, di colore nero o ardesia. Questi buoi sembrano nati per avere un passo da processione giacché hanno un’andatura corretta, sciolta ed elastica.
Altri dati
I dati predetti declinano la razza; poi ci sono i dettagli che gli anziani mi hanno riferito e che io stesso nel tempo ho sperimentato. Per esempio il colore del mantello varia sul rosso uniforme subito dopo la castrazione. Gli animali con una bella testa, altro dato che non tutti sanno, si ottengono da un secondo incrocio: al primo prendono l’aspetto della madre. I giovani continuano a crescere fino all’ottavo anno; la prima copia che comprai a Mogoro a due anni e mezza, ripeto, ogni capo pesava sui 5,5 / 6 q.li e all’ottavo lo stesso capo aveva raggiunto circa 13 q.li.
La razza d’origine
La Modicana è la razza bovina tipica della Sicilia, precisamente originaria dell’antica Contea di Modica da cui prende il nome. Questa razza veniva importata in Sardegna per rinsanguare le vacche sarde da lavoro. Per rafforzarle soprattutto dal punto di vista scheletrico.
Dati storici
La razza Sardo Modicana deriva dall’incrocio fra tori di razza Modicana, la cui importazione dalla Sicilia ebbe inizio sul finire del 1800, e le vacche Sarde della Sardegna centro-meridionale allo scopo di migliorare l’attitudine al lavoro di queste ultime. Questi incroci si protrassero fino al 1950, trasformando la razza Sarda già allevata in pianura e sulle montagne dell’area Sud-Occidentale in una nuova popolazione, molto simile per caratteristiche alla razza Modicana, chiamata Sardo-Modicana.
I tori Modicani a Santu Lussurgiu
La Sardo-Modicana, di cui oggi si contano tanti esemplari, è una razza ottenuta dall’incrocio di riproduttori di razza Modicana importati dalla provincia di Ragusa in Sicilia con una razza allevata nel Montiferru e conosciuta come “bue rosso”. La presenza dei tori Modicani è segnalata nel comune di Santu Lussurgiu intorno al 1870. Dagli accurati incroci si è ottenuta una popolazione bovina con caratteristiche proprie, uniche nel suo genere, dove l’elemento diversità è marcato dalla rusticità della specie.
Il comune di Arbus
La cultura dell’allevamento e della doma dei sardo-modicani so che è diffusa da sempre anche nel comune di Arbus. Le tradizioni agro pastorali sono rappresentane nella sagra di Sant’Antonio da Padova che si tiene in concomitanza con il periodo della mietitura durante il quale ci si spostava nei campi vicini alla frazione di Sant’Antonio di Santadi con la carovana de is Traccas. Ho saputo che tanti anni fa qualcuno ha scritto un libro dal titolo “Arbus – Terra di carri e di buoi” però con gli appassionati di questo comune non ho mai avuto la possibilità di confrontarmi.
Il cocchio di Villamar
Per secoli dal paese al Santuario, il simulacro della Madonna d’ Itria fu trasportato a spalla da quattro membri della confraternita che si davano il cambio. Un incartamento del 1875 menziona la famiglia Murgia per aver commissionato ad Enrico Trincas di Pistoia un elegante cocchio decorato (realizzato dall’artigiano Italo Corridori) per il trasporto del simulacro della Vergine dal paese al santuario (la famiglia Murgia finanziò al 50% le spese per l’artistico cocchio, il restante 50% fu donato da tutta la popolazione). L’inaugurazione del cocchio porta la data 1875.
La presenza alle sfilate
Da quando coltivo questa passione, oltre ad aver assicurato la mia presenza alla grande sfilata di Sant’Efisio, con l’aiuto di alcuni amici, sono stato presente alle processioni di quasi tutti i comuni della Marmilla, fino ad Usellus; Nel Medio Campidano partecipo da tanti anni alla sfilata della processione di San Giacomo che si tiene il 25 luglio; ma in Sardegna ho avuto l’opportunità di arrivare anche a Buddusò.
Il carro in dotazione
Il carro per il trasporto dei cocchi l’ho comprato da Efisio Murgia, un anziano del mio paese soprannominato “Corrissimo”. Ha ancora attaccata la targa rilasciata dal comune di Villamar nell’anno 1953.
Durante le processioni
I buoi durante le processioni vengono guidati con “is Ordinangus,” legati alle orecchie dei due soggetti aggiogati. Ma devi tener presente di fronte alla copia ci deve essere sempre un uomo che apre la strada al loro percorso. Solo in questo modo si è veramente sicuri che non prendano derive diverse in caso d’incomprensioni col guidatore. Io durante le sfilate non ho avuto mai nessun problema. Ma la norma di doma dice che l’uomo d’avanti ci deve essere sempre, non si sa mai!
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