La giornata del 27 gennaio, dal 2005 e con cadenza annuale, viene riconosciuta come ricorrenza internazionale volta a commemorare il ricordo delle vittime dell’Olocausto. Questa data è stata scelta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in riferimento al 27 gennaio del 1945, giorno in cui le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, svelando definitivamente al mondo l’orrore del genocidio nazifascista. Se da una parte sembra lontano il tempo in cui questi tragici avvenimenti hanno avuto luogo, dall’altra sono troppo vicini episodi di odio che richiamano evidentemente questa parte di storia e di conseguenza diventa sempre più urgente dar vita a una riflessione che unisca tutti con l’obiettivo comune di dire basta a un odio pungente. Sono recenti infatti gli episodi che hanno visto i tifosi ultras della Lazio mettere in circolazione delle figurine ritraenti Anna Frank con indosso la maglia della Roma in segno di offesa verso la squadra avversaria, così come sono recenti nelle pagine dei giornali e nei media in generale storie, testimonianze e racconti di eventi inerenti il razzismo in tutte le sue sfumature.
L’occasione per riflettere sulla storia alle nostre spalle con lo scopo di sperare in un futuro migliore si presenta proprio tra qualche giorno, quando il 27 gennaio saremo più consapevoli che quello è stato un giorno che ha cambiato la storia. Tanta è la letteratura, e il cinema che supportano il ricordo di quanto avvenuto, si pensi a Primo Levi, Hannah Arendt, o alla settima arte con i celebri Schindler’s List, Il pianista, La vita è bella, autori e storie che attraverso l’arte avvicinano un pubblico sempre più vasto alla riflessione su una realtà che tanto lontana non è. La giornata della memoria tuttavia non si può circoscrivere alla realtà scolastica, nella quale le istituzioni in merito ogni anno con impegno sensibilizzano i ragazzi all’argomento, ma deve essere una giornata nella quale tutti i cittadini, in quanto membri di una comunità che sempre più diventa cosmopolita, si dovrebbero fermare a pensare che l’uomo non è la sua etnia, la sua classe sociale, la sua religione.
Fabiola Corona
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