di Marcello Atzeni
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Venerdì notte al teatro comunale di San Gavino, per “La grande prosa- stagione 2019-2020”, è andato in scena “ Riccardo 3- L’ avversario” di Francesco Niccolini, molto liberamente ispirato al “Riccardo III” di William Shakespeare e ai crimini di Jean- Claude Romand.
Niccolini con una grande rivisitazione, ma soprattutto con un eccellente lavoro di cucitura, unisce due testi. Quello celeberrimo del bardo e quello di Emanuel Carrère, che ha scritto il romanzo “L’avversario”, nel quale si narrano le gesta insane di Romand, pluriomicida francese. Dall’ Inghilterra alla Francia, dai secoli percorsi a cavallo , ai giorni dei primi anni novanta. Storie in parallelo. Che mescolano la pazzia: quella di Riccardo III d’ Inghilterra, già Duca di Gloucester, che nella sua ascesa al trono, spazza via tutti coloro i quali possono anteporsi alla sua poltrona. Li elimina fisicamente.
Nemici veri e presunti. Il sangue colora le sue orme e segna il tragitto verso il più alto scranno della perfida Albione. E quella di Jean- Claude Romand: un medico francese, ma che medico non era. Per non rivelare alla sua famiglia il suo totale fallimento professionale, compie un omicidio dietro l’altro. Due uomini tempestati cerebralmente e un unico fine: raggiungere, se così si può dire, la tranquillità senza farsi venire scrupoli di alcun genere. Il monarca inglese è anche un uomo di cultura, abile soprattutto a costruire trappole nelle quali periranno i suoi consanguinei. Non c’è un briciolo di moralità. Arrivare alla meta. Conta solo questo. Ed è quello che fece anche Romand nei primi anni novanta: mai laureatosi e dunque mai poteva essere un medico, inganna con mille sotterfugi i suoi cari. Quando ha paura che la famiglia stessa possa scoprire le sue menzogne, passa all’azione.

Solo Romand deve rimanere in difesa della sua vanità, della sua nullità.
In scena Enzo Vetrano: che si sdoppia in Riccardo III e Jean- Claude Romand.
In piedi quando ordisce trame inglesi, seduto in carrozzina quando le sue sono evanescenze, follie francesi.
Un unico ambiente, un’unica scena: una stanza dai colori pallidi, come pallido può essere un ospedale psichiatrico. E pallido il suo ospite pazzo e malvagio.
Vetrano passa repentinamente da un personaggio all’altro. Strepitoso e movimentato. Alla fine dello spettacolo la sua maglia gronda di sudore e le sue gambe viaggiano a scartamento ridotto. Vetrano firma anche la regia, assieme a Stefano Randisi, sul palco con lui . Il terzo è Giovanni Moschella. Randisi e Moschella, senza cambi d’abito, interpretano più personaggi. Anche loro svariano dall’ambiente medioevale inglese a quello contemporaneo francese. I deliri, i conflitti, le battute macabre finiscono con la dolce morte. Una spada che diventa siringa mette fine alle sofferenze di due disturbati mentali. Niccolini chiude così la partitura, facendo entrare il terzo incomodo: l’eutanasia. Si aprirebbero scenari ulteriori. Si aprirebbero, ma non si aprono del tutto. Il “sarto”, anzi lo stilista Niccolini, confeziona parole, dialoghi e sbircia al di là dell’aldilà.
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