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CULTURA. EDITORIA

Sa generalissa di Franco Carlini

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di Efisio Cadoni
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Si affaccia da qualche mese il nuovo mondo di racconti di Franco Carlini con il títolo “Sa generalissa”, che s’accompagna all’italiano “La generalessa”, il volume di trecentoventi pàgine, compreso il foglio con la retroscritta de Le Nuove Gràfiche Puddu di Ortacesus del dicembre del 2022, stampato per l’Alfa Editrice di Quartu Sant’Èlena, dall’inizio alla fine scritto in lingua sarda campidanese e completato in lingua italiana, successivamente, concluso e illuminato con la postfazione di Marinella Lorinczi, ed è esposto presso librai e giornalai in edícole e botteghe. Tra le sèdici narrazioni messe in risalto, con tutte le qualità espressive di Franciscu sia per il sardo sia per l’italiano, avvenimenti e caràtteri son messi da lei in primo piano, attraverso le sue scelte che condúcono il lettore ad accompagnarlo per i sentieri della lettura.

Il títolo del libro è lo stesso dell’último racconto e non è certo l’único perché al tèrmine degli scritti d’ogni libro l’último è quasi sempre complessivo ed è cosí, come “Il coccodrillo” del 2020, pubblicato in italiano dalla casa editrice EDES, con racconti di profondo interesse di freschezza interiore, che tèrmina con il racconto fondamentale.

È stata pubblicata nel novembre del 2021, da Edizioni Della Torre, una lunga storia di un “personaggio” d’una serie di novelle o, meglio dire, un romanzo di un “pisitteddu”, un gatto che ha un nome umano, anzi il nome di un “cristiano”, come s’esprime Testa Grigia, “Conchimurru”, altro personaggio d’invenzione, che confessa di sentire il nome di un suo caro amico dato al gatto chiamato “Efisio” e “Efis”, il protagonista, fin dalla prima pàgina delle varie “storie” che incomínciano con la sua vita di baci della mamma del suo amichetto Basili, la donna che gli voleva tanto bene fino alla sua vita nascosta, ché inutilmente, “Testa Grigia” non riuscí a cercarlo qua e là né a rivederlo mai piú, nella sua vita di gatto. Fra le tante pàgine scritte in lingua sarda campidanese e in italiano attírano le pàgine istoriate di disegni e colori dell’artista Claudia Piras le cui immàgini raffigúrano rappresentazioni lúcide e chiare.

Non è passato un anno dopo la pubblicazione de “Su pisittu Efis” (Il Gatto Efis), la penna di Franciscu Carlini lo induce alle sue interiori invenzioni che lo spíngono a rènderle diffuse fra tutte le persone che àmano passare il tempo con una lettura chiara, intelligente, originale e, soprattutto, ammantarsi non solo del bello d’ogni parola di madre lingua, d’ogni ispirazione, d’ogni racconto, d’ogni pensiero, ma anche riempirsi testa e cuore di paesaggi spirituali e intellettuali di impressioni e di concezioni che rièmpiono, di sempre nuove idee, intelletto, sensi, ànima di poeta e narratore, cosí nate dalla profondità della ferace inventiva che lo riempie di “Lingua mater”, dal latino, attraverso il sardo campidanese e l’italiano, che lo conduce al compimento di tutt’una serie di “storie di donne e di altri ancora”, come egli apre tutte le sue pàgine con l’intestazione totale proprio con l’uso del nome dato all’última sua “storia”, alla sua “generalissa”, alla sua generala, alla sua generale, alla sua “generalessa”, per un’ampia e varia lettura sempre piú vicina al nostro tempo, ma “tra passato e presente”, come egli stesso ci prepara e ci avvía al godimento della lettura.

Ma la prima porta del libro è la protagonista che si chiama “Olga”, che ci permette d’aprirla per conóscere lei da vicino, la nipote di Gerònima, che si fa notare già dai primi giorni in cui si ferma per qualche tempo e si fa vedere da tutto il paese che la guarda perché si fa guardare, perché si scopre anche nelle sue vesti che invítano i sensibilíssimi osservanti finché il suo nome è noto dappertutto e giunge persino al prete don Gesuino che, con tutti gli altri, pur avendo ascoltato la sua fredda confessione, ci casca sotto.

Proprio la potenza del suo deciso comportamento morale subissa ogni volontà e la trasforma; e per prima la segue sua cugina Rosetta, piano piano piano, e la società locale in cui tutti sèguono le sue orme e le sue forme, di qua dal peso dell’ombra del sacerdote che sostituisce il pàrroco. Ma si perde in sé stesso, come riferisce Francesco Carlini che racconta anche con la nostra lingua sarda campidanese per farci notare  un esempio come quello di Olga che ha fatto nàscere nuove donne come lei, incominciando da “una picciocca a camisedda smanigada”, sí, “senza màniche e sorride”, con la porta sempre aperta. E la lettura continua. Ma la qualità della lettura diretta comporta la gradevolezza del piacere del racconto. Ed è la scrittura di Francesco la sua originalità, la specie del suo inventare e narrare che si dipànano letterariamente nel linguaggio proprio della nostra madre lingua sarda che dalla lingua madre latina proviene insieme con l’altra nostra italiana.

Dalle parole delle ispiratrici nàscono i versi di poètica polla del suo primo scritto pubblicato per la seconda edizione nel 1991 intitolato “Biddaloca” da lui caratterizzati come “poesías po pipíus”, dedicati ai suoi figli maschi Stèfano e Roberto, versi prefati da Francesco Màsala che trae dall’ombra il vero senso delle vocali intenzioni dell’autore “intrise” (il verbo da lui usato) “di dolcedolente ironía” per le persone adulte. E nello stesso anno, sempre con la stessa Editrice EDES, dèdica alle sue figlie Daniela e Alessandra, la sílloge poètica “Murupintu” con la prefazione di Giovanni Mameli che ne pone in risalto le qualità originalíssime e musicali dell’amico scrittore che apre il suo mondo “dipinto” con “sa launedda”, lo zúfolo e prosegue con “sa losa”, ossía “l’epitaffio” e conclude con “su tempus”, il tempo e i concetti, l’arte sonora e poètica, le forme incise e in risalto, il segno e il disegno, la luminosità della completezza.

E già dalle sue prime parole del tempo lontano si fórmano le nuove idee in un balenío della mente nel tempo d’oggi, che non è soltanto uno spazio di istanti, di momenti, di ore, giorni, mesi, anni, ma è un universo infinito. È proprio fondamentale la poesía che porta l’innocenza naturale, interiore; ed è pensiero ed è “creazione”; e la parola “poesía”, “sa poesía” trae dal latino “poēsĭs” che nasce dal greco. E cosí definísce il verbo greco “poiéo” (ποιέω), appunto, “creo, costruisco, formo”; e il sostantivo “o poiõn” (ὁ ποιῶν) signífica “il creatore”, l’artéfice di ogni originale narrativa che vien fuori proprio dalla “poesía”. Ecco, Franciscu Carlini, mentre scrive legge, perché sembra che tutto spieghi al lettore che ascolta l’autore dei suoi stessi racconti espressi in forma esegètica esemplare, anche attraverso la voce dei personaggi, degli attori delle novelle fantàstiche o storie vere, con le tante parole di questi nostri tempi rese normalizzate nel linguaggio popolare, diffuso e volgare, ma distinte dalle finezze letterarie e senza trivialità. Cosí i “menú dei piaceri”oppure, da un’altra parte, la inattesa “pazzía” di una certa Aleni Manías, “sa fémmina de is billettus chi ddus appiccada” nelle “piastrelle” e negli “specchi” di casa perché leggèssero i suoi figli per poter dare una mano d’aiuto a lei, alla madre. Però niente di niente. Ancora inutilmente scrisse un’altra decina di règole per le attività casalinghe sia per i figli, sia per suo marito, e lei continuava a consumarsi con il suo lavoro, fino al momento di voler pensare solo a sé stessa. Qualche tempo dopo, guardàndosi intorno alle vie della sua casa con i cartelli stradali, mai considerati dagli incivili, si rese conto che, forse, non una sola volta ci fúrono morti, feriti e màcchine rovinate o distrutte, decise, quasi nuda, “mesu spollinca”, di coprire i cartelli stradali con una croce di vernice nera sui segnali e sulle scritte, prima d’esser portata, povera lei, “a su spidali”.

O ancora, nella lettura de “sa camminada” (salutare… ma no?), per allontanare un mal di testa di Demetrio Spada, per il freddo di Roma, con passeggiate continue, suggerítogli dai mèdici, risalta un’ espressione “delicata”, ma piuttosto di ceto medio o del volgo comune, un’interiezione, “merda”, all’interno di una frase amichévole, un consiglio di Michela, a suo marito Demetrio, sempre addolorato e spesso sveglio la notte, per convíncerlo di evitare di contrapporsi ai ragazzi “cretini” e malvagi, figli di funzionari ignoranti, per evitare di star male ancor peggio. Andando avanti nella lettura, Loletta, amica di Vincenza, da lei chiamata Mary, si svela senza ragionamenti, con comportamenti di poca educazione e frasi di immediatezza, ma, certo, è poco simpàtica alla madre della sua amica. Infatti, la madre di Vincenza, che l’ospitava a casa sua, le era poco simpàtica perché le rispondeva con il “tu” (“Ciao, Benedetta, che cosa ci hai preparato per pranzo?”). E, proprio Benedetta, che pensava ad alta voce parlando di “cussa Loletta”, esprimeva un suo giudizio, mettendo in risalto il suo evidentíssimo agghindamento, “sa pintadura de is lavras ddas fait totus bagassas” e cosí via…

Ma nel totale dei diversi mondi umani si preannuncia “sa generalissa”, che tutto raccoglie. E il piacere della lettura ci conduce alla prima lettura, cioè l’última storia, quella della figlia del generale-geòmetra, Enzo Manunza, nata nel momento in cui morí sua madre. Le fu data il nome Fernanda e visse a Roma nella casa di una sua zia e insieme tornàrono nel proprio paese dove tutti la osservàvano soprattutto per la bellezza dei suoi occhi azzurri, considerando però che non era molto attraente. Si sposò con Terenzio, ma fra i due non c’era un vero amore e il matrimonio non era sincero. Lui voleva laurearsi. E il generale era sempre il gran capo. Purtroppo, non nascévano i figli perché lei non poteva aver figli. E Terenzio, di giorno in giorno andava avanti con lo studio per una laurea poiché mirava a raggiúngere una posizione migliore da maestro elementare. E non c’era in famiglia un rapporto di dolcezza. Anzi…

Si laureò con “centodieci”, ma non era mai considerato né dal generale, né da sua moglie che, quasi come un insulto, fu da lui intitolata “generalessa”, il suo soprannome. E Terenzio, del suo suòcero, diceva tra sé che era “un uomo tutto d’un pezzo”, sí, ! “… ma di merda”. Ben sapeva che non era ben visto dal generale. E lui, suo gènero, voleva partecipare al concorso per direttore didàttico o prèside.

Ecco, però, finalmente, Fernanda rimase incinta e tutti ne eran contenti. Lei diventava sempre piú grassa. Infatti, nàcquero un bambino e una bambina. Purtroppo, Terenzio non passò al concorso e fu triste. Il suo suòcero, invece, ne fu contento. E sua moglie Fernanda, continuamente chiamata “generalissa”, gli diceva che lei stava beníssimo con la sua famiglia e, quasi come un comando, gli suggerí di potèrsene andar via dalla casa, da quella casa del generale, in cui aveva vissuto e ancora viveva male.

Non è il caso di nominare le tante pubblicazioni di Francesco Carlini con vàri riconoscimenti e premi di Letteratura, sia per i versi sia per la prosa. Ma l’importanza maggiore della sua “inventio continua ac perennis” e non si posson dimenticare per la poesía  “L’àsino d’argento, “Lo zoo”, “ Diàlogo a una voce”, “Parole contate”, “Sa luna inciusta”, “La terra promessa – Sa terra promittia” con i testi bilingui e le sue “fàvole” con il títolo “Marxani ghiani” con la prefazione di Víndice Ribichesu che pènetra nell’íntimo dell’autore che esplode dalle profondità del passato ai contemporànei comportamenti dell’attuale società tra política e pòpolo o, meglio, gente del luogo E tutto si ritrova, quasi specchiato, tutto ciò che è nuovo, che è ancora ciò che è sempre stato. Non varia mai il suo pensiero che è sempre sveglio, pàgina per pàgina, dal sardo all’italiano, a fianco. Dalle orígini del mondo.

“Basilisa” il romanzo del 2001 fu premiato per la letteratura in lingua sarda con il Grazia Deledda del 2002. Ed è proprio la lingua sarda, la vera lingua dei Sardi, perché si metta da parte, considerando la vergogna di una falsa lingua, non si sa per quali ragioni, ché ragioni non ci sono e non ci sono mai state, priva di règole lògiche inventate senza basi e ben lontane dalla nostra vera lingua di millenni, di tanti narratori e poeti del passato e del presente. Aspettiamo da Francesco Carlini un altro suo nuovo immaginato mondo.

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