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ATTUALITÀ

Uno sguardo sull’arte sacra con Flaviano Ortu

Flaviano Ortu
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Più di quaranta anni fa, per opera di un gruppo di giovani attivi in ambito parrocchiale, Serramanna ebbe occasione di conoscere lo stato del patrimonio artistico religioso appartenuto e ancora da conservare nelle nostre antiche Chiese. Nel 1977 fu organizzata una prima esposizione, ripetuta e rinnovata nel 1981 e nel 1984. Fra gli altri, uno dei promotori fu Flaviano Ortu, al quale oggi rivolgiamo qualche domanda in merito all’iniziativa dell’epoca.

Come è nata la decisione di pubblicare un opuscolo sul patrimonio artistico religioso serramannese?

«In quegli anni, fine anni settanta, ero studente al terzo anno nell’Accademia delle Belle Arti di Roma e durante la visita di una mostra – bellissima, con statue, arredi, dipinti – di arte sacra nel Lazio nel Palazzo delle Esposizioni, sempre nella Capitale, mi venne in mente che anche noi nel nostro piccolo a Serramanna avremmo potuto organizzare un evento simile. Considerate le dovute proporzioni, immaginavo qualcosa in scala ridotta ma con opere d’arte analoghe. Quindi durante la prima vacanza, subito dopo l’evento romano, proposi l’allestimento di una mostra al gruppo di amici che frequentava il salone parrocchiale.  Molti di loro accolsero la proposta, ci incontrammo – quotandoci per l’autofinanziamento, una decina di mila lire se non ricordo male – le tre aule del salone vennero adibite per l’esposizione».

Furono esposte sculture lignee, alcune delle quali malconce, per far vedere alla gente che vi erano opere di pregio su cui occorreva un intervento per la loro valorizzazione e il restauro. «Delle tre sale del salone parrocchiale», rimarca Flaviano Ortu, «la prima era dedicata alle opere lignee, la seconda accoglieva i dipinti e nella terza i documenti d’archivio, molto interessanti. L’iniziativa suscitò un discreto interesse da parte della popolazione; vennero le scolaresche e da quel momento ha avuto inizio un’opera di sensibilizzazione nella comunità serramannese e la Sovraintendenza che all’epoca ufficialmente si limitava a piccoli inventari e nulla di più. Nessun intervento consistente di restauro era stato nemmeno pensato. Parliamo del 1977; la situazione era ancora all’anno zero». «In quegli anni», aggiunge Flaviano Ortu, «andava in onda una rubrica televisiva del Tg2 che molti ricorderanno; si intitolava “C’è da salvare”. L’occasione di un’eco nazionale non poteva sfuggirci e quindi, perché non cercare anche uno spazio televisivo per la nostra iniziativa?  Scrivemmo una lettera alla Rai e inviammo alcune immagini. Scegliemmo proprio la fotografia dell’Angelo Custode del XVI secolo, bellissima scultura in estofado de oro, una delle nostre opere migliori, poi l’altare ligneo di Santa Maria del XVII secolo ex altare maggiore dedicato a San Leonardo, in legno dorato e intagliato e la Chiesetta di San Sebastiano di cui si ha notizia già nel 1600 peraltro abbandonata e semidistrutta, in tempi relativamente recenti è stata preservata fortunatamente ma ancora non hanno reso il giusto valore che questo spazio davvero merita».  «Con nostra grande sorpresa questo servizio venne realizzato e trasmesso», puntualizza Flaviano Ortu, «Evidentemente anche qualche telespettatore della Sovraintendenza vide il programma (potere dei media n.d.r) e cominciò ad interessarsi di noi. Abbiamo tenuto dei contatti e le opere di restauro cominciarono con la statua dell’Angelo Custode (che attualmente si trova custodita  nella chiesetta di Sant’Angelo sua sede originale) per opera di un restauratore oristanese. Quindi di seguito sono intervenuti sull’altare di Santa Maria, restauro avvenuto nella città di Sassari ad opera del restauratore Pinna. Le spese furono coperte dalla Sovraintendenza. Ricordo che a causa di un ritardo nel pagamento io personalmente ritirai in un secondo momento il paliotto, trattenuto come pegno dal restauratore fino al saldo del dovuto.  In concomitanza con questa prima esposizione realizzammo un opuscolo illustrato, nel 1977, stampato da Don Tagliaferri – che disponeva di strumenti adatti – da poco trasferito a Quartu Sant’Elena e successivamente distribuito per i serramannesi. Un architetto samassese, Francesco Orrù fece i rilievi per tracciare la planimetria – che ancora non esisteva –  della Chiesa di San Leonardo. Complessivamente allestimmo tre rassegne espositive; nel ’77, poi nel 1981 -con libretto stampato con il contributo della Provincia di Cagliari, ricordo che si interessò Vittorio Irde – e infine nel ’84, anno in cui fu restaurato l’altare di Santa Maria e in occasione della presentazione nella sua veste fedelmente rinnovata venne organizzata una mostra con le fotografie delle diverse fasi di restauro, ma non fu realizzato il libretto».

Ricostruzione del Chiostro del Convento Domenicano di Serramanna (Disegno di Flaviano Ortu).j

Cosa rimane di queste due esperienze, fra il 1977 e il 1981 dal punto di vista della cura per il patrimonio artistico?

«L’obiettivo di queste mostre esprimeva un’intenzione didattica per la gente. Io le chiamavo “mostre didattiche” proprio per sensibilizzare, per far capire che a Serramanna vi erano – e ancora oggi ci sono – opere di rilievo artistico e di valore, da apprezzare prima di tutto e da custodire con attenzione.  Negli anni successivi, i due libretti furono utilizzati dagli studenti per le ricerche e nella scuola in genere. Depositammo questi documenti nella biblioteca comunale.

Ciò che rimane di quell’esperienza è la volontà di curare ancora oggi il patrimonio culturale, artistico, religioso ed edilizio. Vi sono edifici, attualmente molto caratteristici, che andrebbero assolutamente preservati all’incuria»

Cosa  c’è da preservare oggi?

«Il patrimonio architettonico del centro storico, sicuramente con le sue case di lardiri. Poi si attende con ansia la rimozione del telone – al di sotto della cupola nella Chiesa di San Leonardo.e il restauro delle decorazioni e dei dipinti a olio opera del pittore serramannese Giuseppe Carcangiu.  La chiesa di Sant’Angelo che è stata trasformata in spazio per accogliere le opere lignee, che a mio parere sarebbe bene mantenere come cappella votiva, con affianco il già allestito spazio museale ricavato nell’ex oratorio della confraternita delle Anime voluto e inaugurato da don Giampiero Cara e che prese il nome di “Raccolta museale per le tradizioni religiose serra mannesi”.  Se di museo si tratta, sarebbe dovuto essere visitabile in modo continuativo, ma nel tempo ci si è resi conto che è una situazione difficile da gestire. Io personalmente consigliai di mantenere in parrocchia le opere, realizzare alcune teche da adibire all’esposizione presso l’ufficio parrocchiale, in tal modo sarebbero state molto più fruibili per ragioni di praticità-. La scelta fu diversa e si perse a mio parere il senso estetico e devozionale della Chiesa di Sant’Angelo. Da qualche anno la parrocchia per ridare vitalità al museo ha dato l’incarico all’Associazione Culturale “Aletheia” di seguire questo spazio. Sarebbe bene ricollocare l’altare ligneo – un’opera del ‘700, molto semplice con il paliotto che sotto una ridipintura grigia nasconde un disegno in finto marmo come era in uso nel ‘700-‘800 con una sua dignitosa bellezza – nel suo spazio originale. Nel corso degli anni è stato smontato ed ha rischiato di essere distrutto. Dopo mille peripezie è nuovamente nella chiesetta, ma smontato e quindi non fruibile sicuramente per la sua funzione specifica ma nemmeno per quella estetica. È già qualcosa comunque che sia lì, in attesa di tempi opportuni affinché torni ad essere fruibile. Si pensi poi che questa chiesetta è nel cuore di molte persone, alcuni vi hanno celebrato il matrimonio o il battesimo, e per questo tratto di paese, segna l’appartenenza ad un quartiere. Nei lavori di riadattamento sono stati eliminati alcuni dettagli come ad esempio il foro nel tetto che permetteva l’attraversamento della fune per il suono delle campane, che non cantano più. Stessa sorte è toccata alla campana della chiesetta di San Sebastiano. Secondo me andrebbero ripristinate».

Tempo addietro i ragazzini imparavano s’arreppiccu – ignoto ai più giovani – che ormai si è perso dalla cultura popolare locale.

«C’è da dire un’altra cosa; negli interventi di restauro di cui abbiamo parlato in apertura ci sono da ricordare altre opere della chiesa di San Leonardo recuperate negli anni novanta :le tre tele a olio, due delle quali collocate nei preziosi altari del transetto: la Crocifissione e la Trinità; la terza ora collocata all’ingresso della sagrestia raffigura la Madonna del Carmelo con i Santi Leonardo ed Efisio più le anime del Purgatorio realizzate per opera di un pittore napoletano del ‘700, Domenico Tonelli, il restauro è stato possibile grazie  al patrocinio del Banco di Sardegna e di un contributo del comitato di San Leonardo e delle socie della Vergine Assunta. Del recupero si occupò la restauratrice Dott.ssa Luisa Figari cagliaritana di grande esperienza. In quel frangente fu restaurato anche il fonte battesimale e la bussola” in legno che riprese il suo bel colore celeste settecentesco (portale principale) Nell’insieme sono opere di pregio e per questo motivo andrebbero sempre ben tenute evalorizzate mantenendo negli altari i loro arredi e cercare di “musealizzare “il meno possibile».

Per quanto riguarda la chiesa di San Sebastiano e l’antico convento domenicano?

Oggi è rimasto poco più della metà dell’edificio originario dell’antica chiesa. Nel 2014 mi sono dedicato alla ricostruzione grafica di come poteva apparire una volta l’intero complesso. La chiesa, con adiacente l’oratorio della confraternita del Rosario e il chiostro con il suo pozzo (ancora esistente) che andrebbe valorizzato. La professoressa Michela Arisci ha svolto la tesi di laurea sull’intera area di San Sebastiano, con lei e con la Prof.ssa Federica Assorgia nel dicembre  del 2014 anniversario dell’arrivo dei frati Domenicani in Serramanna (avvenuto nel 1614 ) abbiamo organizzato una mostra, “I Santi dimenticati”, durata tre giorni nel corso dei quali abbiamo riportato le statue nelle antiche nicchie, ancora oggi esistenti affinché potessero essere fruibili nella loro collocazione originale dove sono state per diversi secoli. Per l’occasione vennero due frati domenicani di Cagliari e fu molto suggestiva la rievocazione dell’antica atmosfera».

Giovanni Contu

RIPRODUZIONE RISERVATA
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