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Il Personaggio

Villacidro: Sergio Curridori, giovane esploratore

Sergio Curridori
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di Gian Paolo Marcialis
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Per Sergio Curridori, giovane di Villacidro, un sogno ricorrente: mollare tutto, comprare un biglietto di sola andata e partire. Un sogno concretizzato in Sud America. Un viaggio tragicomico, tra paesaggi mozzafiato, personaggi incredibili e sapori lontani alla ricerca di ciò che c’è dietro l’angolo, in costante conflitto con l’Io più profondo. Perché la verità su noi stessi la conosciamo solo quando lasciamo la nostra comfort zone.

Racconta in breve l’origine del tuo interesse per i viaggi.
«Tutti noi cresciamo con il desiderio della scoperta. Fin da piccoli siamo portati a conoscere cose nuove, fare esperienze con le nostre mani e con i nostri sensi per imparare. I piccoli errori, le cadute, gli sbagli, non fanno altro che indirizzare la nostra conoscenza, spingendoci a ricorrere a stratagemmi, inventare trucchi e scorciatoie per affrontare questi imprevisti e finalmente arrivare a capire ciò che stiamo cercando. Questo senso cresce per i primi anni della nostra vita, finché non attraversiamo quella barriera invisibile che ci definisce adulti e smettiamo di spingerci oltre. Affrontiamo i problemi di ogni giorno con la consapevolezza di saperli risolvere perché lo abbiamo già fatto in precedenza e ci adagiamo sulla routine, perdendo quel desiderio di scoperta che anni prima ci divampava dentro. Questa storia parla di quel periodo in cui il fuoco brucia così tanto dentro che non riesci e non vuoi spegnerlo tanto da volerlo alimentare finché non ti conquista e ti fa fare cose di cui non ti pensavi capace».
Com’è nato il tuo primo viaggio?
«Così una bella sera, con il pretesto di andare a far visita ad un amico che si sposava, ho dato le dimissioni, ritirato tutti i miei risparmi e comprato un biglietto di sola andata per Rio de Janeiro. I miei colleghi dell’ospedale non ci potevano credere, la mia famiglia sperava fosse uno scherzo, i miei amici erano lividi di gelosia, ma erano dei fattori esterni che non riuscivano a capire quanto fosse potente la fiamma dentro me. Ho trovato un compagno di viaggio che fosse abbastanza folle per seguirmi e siamo partiti. Era un sogno che si avverava, una dimostrazione agli altri e a noi stessi che eravamo in grado di cavarcela anche da soli, lontano da tutto e da tutti. Ovviamente non era esattamente come ce lo immaginavamo».
Descriviamolo, allora, questo viaggio…
«Trascorsa la settimana del carnevale a Rio abbiamo incominciato il vero viaggio. I nostri piani erano piuttosto vaghi, volevamo visitare le attrazioni più famose del sud America, io volevo conoscere il paese natale di mio nonno che era nato in Argentina, per il resto l’idea generale era quella di improvvisare, vivere la giornata. Così, partendo da Rio, siamo scesi giù e poi inoltrati verso il centro, per vedere le maestose cascate di Iguaçu. Abbiamo trascorso due settimane in Paraguay e poi siamo entrati in Argentina, il paese più straordinario che io conosca. Lo abbiamo attraversato da nord a Sud, tra i colori delle Ande e dei suoi abitanti, vastità di terre incolte, variegata fauna marina e terrestre della Patagonia, i pozzi petroliferi e il freddo della Terra del Fuoco. Camminavamo tanto, i piedi e le spalle facevano sempre male. Abbiamo avuto tanto caldo da volerci strappare la pelle di dosso e freddo da dormire in tenda abbracciati. I pullman erano certe volte belli altre volte no, i camionisti che ci rimorchiavano per darci un passaggio erano tutti piuttosto socievoli, la barriera della lingua veniva aggirata abbastanza bene e le conversazioni nella sua interezza erano interessanti e comprensibili. Quando ci fermavamo però venivamo sempre accolti bene, la gente del posto è speciale, erano felici di condividere le loro giornate con noi. Risalendo verso il nord direzione Santiago del Chile abbiamo trascorso qualche giornata nelle Ande Meridionali e fatto un po’ di trekking per conoscere la bellezza di quelle cime, delle guglie appuntite e dei piccoli laghi glaciali incastonati tra le vette come opali azzurri. Da Santiago abbiamo attraversato il deserto di Atacama, il più arido della terra, e arrivati a Lima io e il mio compagni ci siamo separati ed io sono rimasto solo. Da questo momento in poi ho davvero dovuto contare su me stesso anche se proprio solo non lo sono mai stato. Arrivato a Cusco ho conosciuto tantissime persone di ogni nazionalità con cui ho trascorso il mese successivo. Con alcuni ho visitato Machu Picchu, la meravigliosa città Inca, con altri sono andato in Bolivia e ho navigato sul Lago Titicaca a 4000 m.s.l.m., con altri ancora ho intrapreso viaggi spirituali nella foresta peruana».
Alla fine hai deciso di raccontare le tue esperienze in un libro…
«Tornato a casa la mia sete di viaggiare era stata placata ma solo in parte. Ripercorrendo a ritroso tutte le tappe del viaggio e rileggendo il mio diario ho deciso di scrivere un libro e così è nato Sempre dritto. L’ho terminato durante il periodo pandemico, quando tutti eravamo costretti a stare a casa, e la speranza era che leggendolo le persone riuscissero, pur stando comodamente sedute sulle proprie poltrone, a viaggiare con me. Ho cercato di rendere giustizia ai paesaggi, ai profumi e ai colori e in parte ci sono riuscito. Mai però sarò in grado di spiegare quanto mi ha lasciato dentro l’America Latina. Per il resto della mia vita sarò grato per ogni piccola esperienza e coltiverò una sorda perenne nostalgia».

RIPRODUZIONE RISERVATA
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