di Giovanni Angelo Pinna
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Il digital divide non è un qualcosa venuto alla luce con questa pandemia che, ancora oggi, caratterizza e vizia le nostre giornate ma, da anni, identifica quel divario esistente tra chi può effettivamente accedere alle tecnologie dell’informazione, oggi erroneamente identificate nel solo Internet e chi, invece, né è escluso parzialmente o totalmente.
La pandemia da Covid-19 ha solo messo in risalto questa disuguaglianza, questa imparità di diritti a informarsi e formarsi. Ha esaltato quelle problematiche che, ancora oggi, caratterizzano il nostro Paese.
Molti connazionali si sono scontrati da subito con questi problemi: da una parte le difficoltà conseguenti al possesso di dispositivi tecnologicamente obsoleti, dall’altra l’assenza di una connessione adeguata per la fruizione di quanto è diventata ormai quasi una regola/obbligo (smart working, didattica a distanza e conseguenze della ormai avviata transizione al digitale).
Statistiche italiane indicano che “poco più” di tre milioni di studenti, tra i 6 e 16 anni, hanno avuto difficoltà nella didattica a distanza per carenza di strumenti informatici adeguati e, altro dato non trascurabile, molte aziende si sono trovate totalmente bloccate non riuscendo a trovare una soluzione (aiuto) per affrontare l’imposto “lavoro agile”.
Questa trasformazione al digitale, sia come arma per combattere il Covid ma anche come richiesta/imposizione Europea, ha sconvolto attività quotidiane, anche le più elementari, ma molti modelli di business.
Caratteristica base di questa nuova modalità di fruizione di servizi, di accesso alle informazioni e formazione presuppone che tutti gli interessati siano connessi attraverso uno o più dispositivi trascurando, però, che non tutte le comunità, non tutte le persone, hanno pari possibilità. Oggi si stima che il 12% della popolazione italiana non sia raggiunta dalla banda larga, si passa a punte tra il 20 e 40% se si va ad analizzare la disponibilità di banda ultra larga, altre zone nelle quali la copertura mobile è come un colabrodo, famiglie che non possono permettersi l’acquisto di un device adeguato oppure aziende che, già soffocate dalle troppe tasse, optano per abbassare le serrande piuttosto che spendere fondi per l’acquisto di nuove tecnologie non ricevendo garanzie sul futuro che le aspetta, ancora troppo incerto.
Intelligenza artificiale, blockchain, criptovalute, tecnologie digitali, dad, telemedicina stanno influenzando profondamente (e questo è solo l’inizio) la vita di miliardi di persone in tutto il mondo e tutte queste “novità” presuppongono smartphone, pc, notebook e tablet ecc moderni, che possano garantire una connettività sempre presente.
Altro fattore ancora oggi trascurato è la capacità dell’infrastruttura che si trova alla base di questo cambio di rotta: tecnologie non capaci di gestire l’enorme carico di scambio dati.
Tutto questo non fa altro che evidenziare tutte quelle forme di discriminazione sociale e culturale, oggi più che mai proiettate nel digitale.
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