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RUBRICA STORIA

Quelli della quarta sponda

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di Lorenzo Di Biase
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Nei primi giorni del mese di giugno del 1940 furono fatti arrivare in Italia con ben 7 navi da guerra 13.500 bambini italiani che vivevano nella colonia libica al fine di far loro conoscere la madre patria italica e soprattutto per l’indottrinamento fascista.

Altri 7.000 bimbi furono fatti arrivare, per lo stesso motivo, dall’Africa Orientale Italiana. Le navi militari Italia, Augustus, Neptunia, Saturnia, Duilio, Marco Polo e Giulio Cesare, giunte nei porti della Cirenaica e della Tripolitania avevano sbarcato i militari a difesa della colonia e dovevano rientrare coi fanciulli e fanciulle figli dei contadini venuti in Libia alla fine degli anni ’20 e con l’ondata della colonizzazione demografica detta “dei ventimila” del 28 ottobre 1938 voluta dal governatore Italo Balbo. Essi non erano accompagnati dai genitori ed avevano un’età compresa tra i 4 e i 14 anni ed erano sia maschietti che femminucce. Dovevano restare in Italia per l’intero periodo estivo del ’40 per poi fare rientro in Libia ma, il 10 giugno ‘40, l’Italia entrò in guerra e ciò accadde proprio il giorno in cui le navi arrivavano nei porti italiani.

I bambini furono ospitati nelle 37 colonie estive della Gioventù Italiana del Littorio, ente costituito in data 27 ottobre del 1937 ove confluì l’Organizzazione Nazionale Balilla sorta nell’aprile del 1926. La G.I.L. aveva come scopo quello di accrescere la preparazione spirituale, sportiva e militare dei ragazzi, i quali dovevano effettuare il seguente giuramento “Nel nome di Dio e dell’Italia giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se necessario col sangue la causa della rivoluzione fascista”. La formula appena citata era riportata nella parte posteriore della tessera rilasciata a ciascun giovane. La vita al loro interno era di tipo paramilitare. Tutto veniva organizzato al suono della tromba che svegliava i giovani e li faceva radunare per l’alza bandiera e così si proseguiva con l’ora dei giochi, dell’attività fisica, della scuola, della preghiera, dei canti patriottici, del riposo, dell’ammaina bandiera, della cena, del dormire. Tutto era rigidamente organizzato come in una caserma. I giovani erano suddivisi in base al sesso e all’età. I maschi erano suddivisi in 5 categorie: Figli della lupa; Balilla; Balilla moschettiere; Avanguardista; Giovani fascisti. Le femmine in4 gruppi: Figlie della lupa; Piccole italiane; Giovani italiane; Giovani fasciste. Le colonie estive erano sparse nella costa adriatica da Venezia a Pescara ma alla fine dell’estate i ragazzi non fecero rientro nelle loro case libiche ma vennero spostati nelle colonie invernali e vennero smistati in molte parti d’Italia del nord e del centro, ove furono iscritti alle scuole in base all’età. Gli studenti medi furono raccolti a Ferrara e in altre colonie lì vicino che consentissero la frequenza della scuola media. Il servizio scolastico elementare riguardante oltre 9.000 alunni fu organizzato dal Ministero dell’Africa italiana, d’accordo con la G.I.L., mediante l’istituzione di scuole elementari di tipo speciale presso tutte le colonie. Le insegnanti vennero reclutate tra quelle del ruolo coloniale, che in maggioranza avevano già insegnato in Libia, sia nelle città che nei villaggi rurali. Ai giovani si dovette provvedere anche dell’abbigliamento adatto a superare i rigori dell’inverno. Loro erano venuti per passare l’estate e dunque erano sprovvisti di ogni tipo di vestiario invernale. Per loro purtroppo si aprirono anni di solitudine e di ristrettezze. La corrispondenza con le loro famiglie veniva curata dalla C.R.I. ma dal 1941 non si trovavano i francobolli e tanti ragazzi, certi della vittoria dell’Asse, presero l’abitudine di scrivere sulla busta al posto del bollo: “W il Duce, W il Re. Francobolli non c’è né.

Alla fine della guerra, pagherà tutto l’Inghilterra”. Così non fu, come ci ha insegnato la storia.  Col prosieguo del conflitto patirono anche i morsi della fame e ciò si acuì soprattutto con la caduta del regime fascista. Neanche la nascita al nord della Repubblica Sociale Italiana che cercava, senza riuscirvi, di riprendere in mano ciò che aveva fatto il regime negli anni precedenti era riuscita a migliorare la vita delle migliaia di bambine e bambini esodati inizialmente per un’estate. Anzi, la RSI propose ai giovani di età superiore tre soluzioni: andare a lavorare in Germania, arruolarsi presso le forze armate della RSI oppure cercarsi alloggio e lavoro per proprio conto. I ragazzi della IV sponda per poter fare rientro a casa dovettero aspettare la fine della guerra ed anche oltre. Per alcuni di loro la permanenza nello stivale italico durò ben 8 anni.

Partirono a 14 anni e rientrarono a 22 anni oppure a 6 anni e rientrarono a 13. Al loro rientro spesso non riconoscevano i loro genitori o non venivano riconosciuti da essi oppure alcuni anziani genitori erano deceduti e non trovavano nessuno al loro rientro. Storie di bambine, giovani, fanciulli, ragazzi, ragazze, storie di abbandoni, di fame, di solitudine, storie totalmente dimenticate dalla storiografia ufficiale. I pochi lavori che si trovano sono prodotti o dagli stessi profughi o dai loro figli e/o nipoti. Hanno preso il nome “I ragazzi della IV sponda” perché Mussolini nel 1939 unificò la Libia al territorio metropolitano costituendo la così detta IV sponda italiana oltre a quelle già note della penisola la tirrenica, l’adriatica e la mediterranea.

RIPRODUZIONE RISERVATA
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